Come genere, il post atomico ha avuto il suo apice tra la fine dei Settanta e i primi Ottanta, quando l’onda lunga di George Miller e John Carpenter influenzò registi come Sergio Martino, Lucio Fulci o Enzo G. Castellari. C’era tutto un mondo di VHS sulle cui locandine comparivano elementi estetici tratti dai già citati Mad Max e Ken Il Guerriero, ma anche da Rollerball, Rambo, Terminator o 1997: Fuga da New York. Macchine e motorette pimpate con tanto di armi da taglio che comparivano un po’ ovunque, punk con la cresta e la faccia da drogati in scimmia, eroi con capelli lunghi e/o fascetta in testa, donne in pericolo quasi sempre molto poco vestite e un’intera civiltà andata a rotoli. Cosa farete quando sarà la fine? Quando i vostri computer lavoreranno per uccidervi? Se lo chiedevano i Kina nel 1987. Io avevo 10 anni e tutto tornava. Quelli erano i miei film preferiti.
Poi ci siamo distratti un attimo ed è tutto finito. Ogni tanto qualcosa rispuntava, ma erano sempre delle strane rivisitazioni del genere madre o digressioni colte che miravano a parlare d’altro. Vi faccio qualche titolo: L’Uomo del Giorno Dopo, Six Strings Samurai,Tank Girl, Il Tempo dei Lupi, Codice: Genesi, The Road… Tanta amarezza, fuliggine, disagio, violenza, solitudine e gente con le croste in faccia, ma era comunque un’altra cosa. Ok, c’è stato pure Doomsday dell’amico Neil Marshall che era proprio una specie di copia carbone, il film che avrei voluto fare io nel 1987. Peccato sia uscito nel 2008. Apro una piccola parentesi su Neil Marshall. Avete notato che dopo Centurion vive chiuso con una catena al collo in uno scantinato della HBO e viene liberato una volta ogni due anni per girare l’episodio figo e con la guerra di Game of Thrones? Non vi fa ridere questa cosa? Lo tengono lì, la caricano, poi… “Vai Neil! Spacca tutto!”. Poi lo rimettono in catene. Chissà se tornerà mai a dirigere un film come cazzo si deve. Comunque sappi che ti penso spesso, Neil.
David Michôd è un regista e sceneggiatore australiano. L’abbiamo conosciuto con la regia di Animal Kingdom e abbiamo approfondito con la sua sceneggiatura di Hesher. Non male, no? Cioè, due film tosti. Sì, tosti. Sempre un po’ però con il braccino. Michôd dev’essere uno a cui piacciono le cose giuste, ma poi si fa fregare dalla voglia di essere un grande Autore. Va a togliere quando dovrebbe schiacciare sull’acceleratore, pensa alle metafore, vuole parlare di cose più grandi di quelle che mette in scena. Il classico atteggiamento che mi fa andare giù di testa. Perché non la fai semplice. David? Perché non vuoi ammettere che ti piacciono le cose che piacciono a noi giovani?
The Rover è il post atomico secondo David Michôd. E ci potremmo fermare qui, nel senso che il discorso che abbiamo appena fatto sulle capacità del regista, su quello che potrebbe fare e che invece poi fa, è evidente anche in questo caso. The Rover è un post atomico molto cazzuto che però decide di non fare quello che deve fare. Vi racconto brevemente la storia. C’è stato un Fatto X (una crisi economica. E sento subito una voce: “Basta con ‘sta roba delle bombe atomiche! Stiamo sul pezzo, dai! Crisi economica is the reason!”) che ha devastato l’Australia. C’è deserto e povertà. Ci sono cinesi ambigui che stanno sul divano tudifadi. Ci sono armi da fuoco dove non dovrebbero esserci e disagio a non finire. In questo scenario da favola incontriamo Guy Pearce PRESO MALONE. Non si sa cosa gli sia accaduto, ma è chiaro a tutti che non sta bene. Se ne sta chiuso, fermo immobile nella sua macchina con la faccia di uno che non ha più nulla da perdere. Poi scende dall’auto e decide di andare a bere da solo in un bar. Al mattino. Mentre lì a guardare il fondo del bicchiere, con tutti e due i gomiti appoggiati al bancone, dei rapinatori in fuga gli rubano la macchina. E lui va giù di testa. Che vuol dire che non ce n’è più per nessuno. Lui DEVE riprendere quella macchina. E per farlo – ci puoi giurare – si sporcherà le mani. Guy non sarà da solo, però. Insieme a lui c’è Robert Pattinson, il fratello di uno dei ladri che gli ha preso la macchina. Si tratta di un ragazzo un po’ scemo, un po’ ritardato, che non ha esattamente chiara quella linea di demarcazione tra Bene e Male. Che in un mondo dove non esiste più nessun tipo di etica, ti dirò, può essere anche un vantaggio.
The Rover è un film rabbioso, cupissimo, disperato. È un buon post atomico che promette un 10 in pagella ma che si attesta poi su un solido 8. E i difetti, come sospettavo ancora prima di sedermi in sala, sono quelli di cui abbiamo parlato poco sopra. David Michôd non vuole essere confuso con un cialtrone qualsiasi e dunque allunga, insiste sui silenzi, sugli spazi vuoti ed infiniti… E giuro che non vorrei, David. Ma ogni tanto mi annoi. Ed è un peccato perché Guy Pearce e Robert Pattinson sono in una forma smagliante, quando le sequenze ingranano la quinta colpiscono nel segno e lasciano esterrefatti per violenza e brutalità… Ma non basta. Peccato. Detto questo ha la sequenza con un nano più bella di sempre. Non posso dirvi nulla ma è proprio una roba che solo a pensarci mi vengono i lucciconi e getto cuori dagli occhi.
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