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The Rover

Regia di David Michôd vedi scheda film

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La recensione su The Rover

di supadany
6 stelle

E’ un contesto durissimo quello scelto per il suo secondo lungometraggio da David Michod, rivelatosi nel 2010 con “Animal Kingdom”, e l’outback australiano vale più di mille effetti speciali per fare da sfondo ad una vicenda di rara disperazione laddove l’umanità aleggia ormai altrove.

In un futuro (prossimo) dove ogni residuo di sentimento è ormai solo uno sbiadito ricordo, Eric (Guy Pearce) si trova ad inseguire una banda di criminali in fuga che gli hanno rubato l’automobile dopo un incidente.

Lungo la strada s’imbatte in Rey (Robert Pattinson) che di quella banda faceva parte prima di essere abbandonato una volta creduto morto; insieme proseguiranno la ricerca.

 

Guy Pearce

The Rover (2014): Guy Pearce

 

Scenario post apocalittico (della quale costituzione non ci viene detto praticamente nulla) nel quale le anime candide sono già tutte spirate (o stanno per farlo) ed il degrado, morale o fisico che sia, impera, dove non si fa niente per niente, con una legge, quella della sopravvivenza, che genera il peggio possibile dall’animo umano, che poi è sempre lo stesso che ha portato inevitabilmente a questa situazione.

Dialoghi ridotti all’osso, sempre, o quasi, laconico, forte del paesaggio naturalmente offerto dall’interno australiano, la figura di Guy Pearce si erge su tutto il resto, un ruolo difficile che lo richiama spesso a comunicare con le espressioni, che certo non gli mancano su quel volto segnato dai tempi (sporco) e quell’anima smossa dal furto di tutto ciò che gli rimane su questa terra, forse più di quanto possa effettivamente fare.

Lo spalleggia un Robert Pattinson ormai redento dai vampirelli twilightiani (non fosse già per la doppia collaborazione con David Cronenberg) che si fa soprattutto notare nella versione in lingua originale per una parlata innaturale.

E David Michod non ha paura di niente, procede personalmente su una strada impervia proprio come quella solcata dai protagonisti, dimostrando di essere indubbiamente un autore, purtroppo si tratta di un’opera realmente ostica, non sempre è facile riempire i tanti passaggi ombrosi, in più qualcosa appare un po’ forzato, come in quell’inizio che poi genera tutti gli avvenimenti a seguire.

Certo il finale fornisce un senso a quell’inizio (per Eric, non per i ladri) che qualcuno potrebbe definire semplicistico, ma sul quale pesa come un macigno la realtà che lo stesso film ci propone, ovvero la quasi impossibilità di trovare un appiglio per continuare a vivere.

Opera tosta, che non fa sconti, di rara durezza, per niente semplice da digerire, che chiede di guardare e pensare oltre.

E non sempre è facile.  

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