Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Un suv investe e riduce in fin di vita un cameriere che sta rincasando in bici dopo una dura serata di lavoro. Tre episodi, raccontati da punti di vista differenti, dipaneranno il mistero dell'identità del pirata della strada e mostreranno il confluire di diverse vite verso la medesima tragedia.
Libera trasposizione di un romanzo dello statunitense Stephen Amidon, Il Capitale Umano ci consegna un Virzì insolito, asciutto, drammatico e molto lontano dalle commedie che costituiscono il suo principale registro narrativo. Molto si è detto e scritto sul film come duro attacco ad un nord ricco e spietato, ma, a ben vedere, la pellicola è più che altro un dramma corale che (con tratti spesso beffardi) racconta la miseria umana del mondo adulto, consumato dall'avidità, dal cinismo e dall'egocentrismo, contrapposto a quello dei propri figli, ragazzi allo sbando, privi di guide morali e di reale sostegno educativo. In quest'ottica, l'immaginaria Ornate Brianza, immersa nella neve di un gelido inverno, diventa potente metafora di disagio e anaffettività. Alla fine, nessuna classe sociale esce indenne dalla spietata rappresentazione del regista di Piombino e solo l'amore, forse, può riscattare, le vite dei giovani protagonisti.
Straordinario l'intero cast: Fabrizio Bentivoglio è quasi irriconoscibile nella folgorante rappresentazione di un omino mediocre e ambizioso, Fabrizio Gifuni semplicemente impeccabile, Valeria Golino estremamente misurata, ma ancora meglio riescono a fare la tormentata Valeria Bruni Tedeschi e la giovane e bravissima Matilde Gioli, buona parte dell'impatto emotivo del film si deve alla loro eccellente prestazione. Regia di Virzì molto americana, nel suo freddo rigore: forse Il Capitale Umano non è la sua migliore pellicola, ma probabilmente è la sua direzione più matura.
Molto bello: 8/10.
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