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Il capitale umano

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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La recensione su Il capitale umano

di steno79
7 stelle

Alte aspettative. La stampa ne parla quasi all'unanimità come del migliore film italiano dell'anno, gli incassi in sala sono di circa sei milioni di euro, che per un prodotto "d'autore" non sono certo da buttare. Il film viene designato come candidato italiano all'Oscar per il miglior film straniero, ma come già accadde a "La prima cosa bella", non viene accettato nella cinquina finale, con una critica d'oltreoceano nel complesso meno convinta di quella italiana. 

 

Virzì dimostra un certo coraggio nel voler uscire per una volta dagli schemi della commedia e addentrarsi nel territorio di un dramma/thriller spruzzato di noir che a tratti sembra ricordare il recente "Gone girl" di David Fincher. Il bersaglio è la corruzione e l'avidità dell'alta borghesia finanziaria che finisce per contagiare un piccolo borghese con la smania di guadagni facili, che darà il via con le sue azioni scellerate ad una tragedia in cui pagherà un innocente. Virzì ha perfezionato il suo artigianato e, dal punto di vista strettamente tecnico, il film non fa una piega. La sceneggiatura riesce ad imbastire con efficacia una struttura da "film corale" all'americana trapiantato nelle nebbie della Brianza, e si permette anche il lusso di una struttura narrativa in capitoli distinti che ripercorrono gli stessi fatti secondo punti di vista differenti  (struttura certamente non nuova... in questo caso mi ha ricordato un po' la parte finale di "American beauty"). Tuttavia, come già hanno fatto notare diversi recensori, c'è un ricorso un po' troppo accanito da parte di Virzì a luoghi comuni per caratterizzare una gioventù perduta, a tratti qualche colpo basso melodrammatico che si poteva evitare  (il pre-finale al ralenty di Serena che corre verso Luca che ha tentato di tagliarsi le vene), qualche personaggio "macchietta" non si capisce quanto intenzionalmente  (la critica teatrale che non sopporta Pirandello, oppure il consigliere leghista che vorrebbe il coro di Voci padane in teatro). Le scene fra Massimiliano e la madre Carla utilizzano un turpiloquio che dopo un po' indispone lo spettatore; lo zio di Luca è un fattone dipinto con rapidi tratti, ma in definitiva poco credibile. Tutto ciò ridimensiona in parte molte buone intuizioni registiche, il lavoro di un cast efficiente in cui spiccano soprattutto un perfetto Gifuni nel ruolo della carogna Giovanni Bernaschi, un Bentivoglio che sembra un azzeccato aggiornamento di certi personaggi di Alberto Sordi, una Bruni Tedeschi un po' piagnucolosa ma molto in parte e, fra i giovani, la brava ed espressiva Matilde Gioli (meno incisivi Giovanni Anzaldo e Guglielmo Pinelli). Dunque un risultato certamente dignitoso, che merita rispetto anche per il tentativo di uscire dalle secche in cui rimane impantanata molta produzione nostrana... ma un film riuscito a metà per il sottoscritto.

 

Voto 7/10

 

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