Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Virzì abbandona la commedia e lo fa con un film misurato e graffiante, dove i sognatori sono presi a calci e i mediocri hanno rinunciato al rispetto per gli altri per quanto siano concentrati solo su se stessi e i propri affari. Così l'egoismo, i soldi, il proprio ego calpestano il rispetto per gli altri e ci conducono alla deriva di una società che ha perso il senso stesso dell'esistenza.
Alla fine del film ero spaesato e inquieto. Qual è davvero il valore di una vita umana? Virzì non pretende di rispondere, ma spinge lo spettatore a mille riflessioni. Con chi si identifica lo spettatore? Coi padri o i figli? Con gli uomini spietati o le donne fragili sognatrici? E quanto resta di quelle emozioni che sono tutto nella vita? L'amore si smembra, i matrimoni e anche le convivenze collezionano ombre, sembrano barcollare e sembra non trovate il senso voluto la parola relazione.
Da questo film se ne esce con le ossa rotte. I ricchi pronti solo a comprare finti rispetti e dubbie amicizie, i borghesi allo sbando, all'inseguimento di una brama insaziabile e immorale. E i poveri? Ai margini di una società che non ha tempo e rispetto per loro, che non si ferma a soccorrerli o che li evita volutamente, anzi talvolta li deride.
Ecco quello di cui ci parla questo dramma, dove la morte sembra scritta solo sui giornali, mentre procede e avanza silenziosa nella vita dei protagonisti.
La regia di Virzì ha il giusto peso in questo film, dove non c'è più spazio per una battuta o una scena minimamente divertente. Si vive in ogni minuto l'ansia di una matassa da dipanare, intricata e incompresa dai singoli che ve ne prendono parte.
Gli attori sono tutti bravissimi, a partire da Bentivoglio e Gifuni che tratteggiano i padri affaristi in maniera realistica.
Valeria Bruni Tedeschi interpreta in maniera eccellente una moglie fragile e abbandonata a se stessa, lo stereotipo della donna evanescente e annoiata. La scena in auto in cui non sa più dove andare, non sa come passare il proprio tempo è emblematica e lei riesce a essere credibile e convincente in una situazione tutto sommato difficile da rendere in maniera realistica.
La Golino dà una grande prova attoriale, il suo personaggio è quello più trasparente e sincero, più impulsivo e forte della propria intelligenza e della propria identità. Forse l'interpretazione di questi ultimi due personaggi che possono liberamente esprimere i propri sentimenti ha agevolato il compito delle due attrici, ma la loro grandezza sta proprio nell'aver saputo dosare con intelligenza la recitazione, rendendo credibile e condivisibile le loro emozioni.
Locascio è la solita garanzia, la sua recitazione è come sempre impeccabile. E anche l'interpretazione di Paolo PIerobon dello "zio" di Luca è eccellente, dosata, particolarmente convincente. Nello scontro con Serena, in particolare, il tono si sarebbe potuto alzare eccessivamente, invece lui ha saputo calibrare correttamente l'interpretazione, a mio giudizio.
Matilde Gioli, Giovanni Anzaldo e Guglielmo Pinelli sono la colonna portante di questo film, a loro l'incarico di districare la trama e di mostrarci le difficoltà sempre attuali di una comunicazione vera e sincera tra genitori e figli.
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