Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Probabilmente, anzi togliamo il probabilmente e diciamo sicuramente; ''Il capitale umano'' di Paolo Virzì è uno dei film più piacevoli da commentare su questo sito. ''Il capitale umano'' è un film piacevole da commentare essenzialmente per un motivo apparentemente banale: lo spettatore non riesce a capire se sta guardando una ''ciofeca'' o un capolavoro. Un film inizialmente piatto e noioso, poi man mano che ci avviciniamo al finale sempre più avvincente. Il regista livornese mette sotto la lente d'ingrandimento la classe borghese evidenziandone i tratti più disgustosi: il cinismo, la superficialità, l'arroganza, la mancanza di rispetto per l'individuo e la corruzione. La figura di Massimiliano aitante rampollo dell'alta borghesia brianzola perennemente annoiato, alcolizzato, debosciato e vanesio; può essere ritenuta l'emblema dell'opera corruttiva del denaro sull'individuo. Massimiliano rappresenta l'immagine stereotipata del giovane ricco, vizziato ed annoiato. La cosa più agghiacciante è che i vizzi di questo giovane ricco ed annoiato finiscono per uccidere indirettamente un povero cameriere che di notte rincasava in bicicletta dopo una serata di lavoro, quella stessa serata invece Massimiliano l'aveva trascorsa ad ubriacarsi in una festa per giovani dell'alta borghesia. Ovviamente a farne le spese sarà un'altro proletario, un certo Luca hippy ''freakettone'', orfano di madre ed abbandonato dal padre; un giovane che vive con lo zio spacciatore di marjuana. Luca non è certo un santo ma nulla ha da spartire con Massimiliano ragazzo vizziato ed irresponsabile, che con il suo atteggiamento finisce per provocare sia pure indirettamente la morte di una persona. Focalizziamoci bene su vittima e carnefice: la vittima è un ''morto di fame'' costretto a lavorare di notte come cameriere, un uomo talmente povero da non potersi neppure permettere un auto, e quindi costretto a girare nottetempo in bici rischiando la vita. Il carnefice sia pure involontario, mette fine alla vita di un povero cameriere mediante il ''butterfly effect'', il battito d'ali di una farfalla che provoca un uragano 10000 km più a nord. Il carnefice è un giovane vizziato che quella stessa sera è ad una festa e da sfogo al suo vizio preferito: l'alcol. Io ritengo che qui non si possa discutere di borghesia utilizzando il concetto marxista ed eccesivamente materialista di ''classe'', bensì il concetto di ''ceto'' teorizzato dal sociologo Webber. Il ceto infatti si riferisce più che al denaro alla cultura, non a caso il film è tratto da un romanzo americano; nei paesi anglosassoni dove l'istruzione costa di più e per avere una cultura devi avere anche soldi, il concetto di ceto è molto più forte che in Italia dove i figli degli operai si laureano. Dico tutto questo in quanto la mamma di Massimiliano è un ex attrice teatrale che intraprende una fugace realazione extraconiugale con un regista teatrale, salvo poi scaricarlo dimostrando di averlo solamente usato. Massimiliano e sua madre sono così due personaggi ''tardo imperiali'', ''neroniani'' due ricchi decadenti e debosciati. La lega ha criticato questo film dimostrando così di essere sempre stata il partito che proteggeva gli interessi della borghesia del nord, spesso a scapito della classe operaia.
Un cameriere rimane vittima di un incidente stradale, dietro questa apparentemente ''ordinaria'' sciagura si cela un'interessante storia.
Difficile dirlo forse il film necessita di più ritmo, di più velocità.
Il talentuoso regista toscano quarant'anni dopo il capolavoro del regista spagnolo trapiantato a Parigi Luis Bunuel ''Il fascino discreto della borghesia'', mette in luce il marcio di una classe sociale evidenziandone le caratteristiche parassitarie. Tuttavia non riesce a fare quello che era riuscito al regista spagnolo deceduto nel 1983; Bunuel infatti si era proposto come un Parini post litteram, che in maniera tragicomica e surreale mostrava la corruzzione di una classe sociale. Parini lo aveva fatto con l'aristocrazia, Bunuel con la borghesia. Virzì non riesce a dare ritmo al film, dimostra forse di avere poche idee, tira la vicenda troppo per le lunghe, gli attori sono validi ma lui non li sa sfruttare. Il regista toscano alterna saggiamente ''flashback'' e ''feedback'', ma solo verso il finale il film prende finalmente ritmo. Peccato, comunque il suo è un film che va apprezzato dopo la seconda visione.
OK
Il buon Luigi, il duro del cinema italiano, interpreta una parte più morbida del solito, e devo dire che c'è riuscito.
Il migliore, il tipico borghese cinico, arrogante, privo di pietà ed empatia.
Bravissima
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