Regia di Jalil Lespert vedi scheda film
Yves Saint Laurent a poco più di 20 anni ha già dimostrato gusto e istinto eccezionali per stoffe e colori. Per questo viene chiamato a dirigere la maison di Christian Dior. Durante la sua prima sfilata conosce Pierre Bergé; inizia tra i due un rapporto sentimentale e professionale destinato a rivoluzionare la moda. Non particolarmente attratto dal biopic dedicato a uno stilista, confesso di avere visto il film perché incuriosito dal “detour” dell’attore Jalil Lespert, qui dietro la macchina da presa ma anche coautore della sceneggiatura. Abituato a ruoli duri e drammatici (da quello rivelatore di Risorse umane di Cantet al giovane sbirro di Le petit lieutenant, buon polar di Xavier Beauvois), da (bravo) interprete è sui due suoi cavalli di razza che Lespert gioca le carte migliori. Nei panni di Yves Saint Laurent si cala con perfetta mimesi (ha perfino iniziato a fumare) Pierre Niney, la sorpresa del film, mentre la parte non facile di Bergé è andata al fenomeno Guillaume Gallienne, fresco di César per Tutto sua madre. Sono entrambi della Comédie-Française, sinonimo di qualità, e insieme nobilitano l’etimo della parola che i francesi (e gli inglesi) usano per “recitare”: jouer, giocare. Il resto è il classico biopic un po’ scolastico, teso a replicare in un contesto più vero del vero le mémoires dei personaggi, quelli autentici e superstiti; in particolare Bergé, che ha seguito la realizzazione “col cuore in mano”.
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