Regia di Woody Allen vedi scheda film
Non sai mai come prenderlo Woody Allen, tanto più negli ultimi anni in viaggio tra metropoli di mezzo mondo con storie ed obiettivi molto distanti e risultati che han seguito questa strada assai poco retta.
Questa volta torna negli States ed a suo modo affronta la crisi, quella economica, ma anche quella dei sentimenti e degli stili di vita.
Jasmine (Cate Blanchett) ha vissuto nel lusso più sfrenato, ma dopo il fallimento di suo marito (Alec Baldwin) è costretta a ripiegare su sua sorella (Sally Hawkins) a ben altro abituata a partire da un appartamento normale ubicato a San Francisco.
Jasmine sogna un nuovo brillante inizio, che ad un certo punto sembra anche comparire, ma il passato non si può cancellare come se niente fosse.
Un Woody Allen sentito che si cala nella realtà senza perdere il suo tocco (che recentemente aveva comunque perso di suo, almeno qualche volta), che affronta con stile i traumi della crisi economica e l’identità di una società che ha perso l’orientamento, che (soprav)vive grazie alle medicine e che fatica a vedere le cose più semplici.
Lo fa mettendo in prima linea due figure di donna molto diverse che affrontano il loro percorso; una parte dall’alto e lì vuole ritornare (quasi) ad ogni costo; l’altra si ritrova improvvisamente a sognare, ma almeno lei sa anche ripiegare ed accontentarsi, il che spesso non è poco.
C’è soprattutto un disfacimento sociale, tra malesseri odierni (penso a chi vive nel nulla …) e la finanza devastatrice, una figura di donna che respinge (ma poi il film ha il suo contraltare che vive nel basso), ed in questa parte aleggia il meglio del film.
Ruolo indubbiamente ben scritto, ma poi Cate Blanchett è semplicemente straordinaria (Oscar stra meritato), una vera e propria pietra angolare del film, antipatica, scortese, fieramente snob, ma anche terribilmente sfatta; un ruolo pesante, che, come lei ha ironicamente detto in un intervista di presentazione al film (presente nel dvd italiano), può affossare un’icona da tanto che la parte è respingente (e questo a partire dall’ultimo fotogramma del film a cui ha contribuito).
Un film che procede tra presente e passato con discreto equilibrio, forte di una fotografia curata, che sui costumi fa altro rispetto alla protagonista (ovvero di possibilità virtù, tutti i vestiti firmati son stati presi in prestito) con un finale che apre a definite verità, che mette ordine nei diversi punti di vista e che lascia sensazioni nette, questo anche per una conclusione un po’ brusca, tanto che dopo lo schermo nero ci starebbero bene ancora chissà quante scene, anche se le traiettorie sono state ormai delineate.
Un finale comunque d’autore, e punta massima per Cate Blanchett (questo tornando a quanto già detto), per un film che magari non riesce a primeggiare, ma che ha un background concreto.
Tra lusso ostentato e fiera realtà.
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