Regia di Woody Allen vedi scheda film
42° film di Allen. Tutto si gioca su due piani temporali, sociali e geografici: nel passato una vita lussuosa a New York, nel presente una vita grama a San Francisco (l’abituale contrapposizione alleniana fra costa est e costa ovest questa volta non mi sembra avere particolari connotazioni, serve solo a collocare i due poli alla massima distanza possibile). Ci sono due sorelle, che non potrebbero essere più diverse tra loro e che infatti sono state adottate (del resto sarebbe stato ben difficile per lo spettatore credere a un legame di sangue fra Cate Blanchett e Sally Hawkins): Jasmine è bugiarda, egoista, infantile; Ginger è sincera, generosa, ingenua. Entrambe dipendono dagli uomini, ma non per gli stessi motivi: Jasmine li cerca per calcolo, dando un’occhiata preventiva al loro conto in banca, Ginger si lascia andare con spontaneità a quelli che le piacciono; e se la prima cerca di affinare i gusti della seconda non è per bontà, ma solo perché il proprio senso estetico non ne venga disturbato. Insomma, Jasmine è una stronza patentata, resa in modo fin troppo monocorde da un’attrice che altrove ha fornito prove migliori, e alla fine riceve la giusta punizione. Si sa che per Allen, spesso e volentieri, il delitto paga; ma in questi tempi di crisi globale, nella quale si trovano immersi anche i suoi soliti newyorkesi senza problemi economici, non se la sente di essere cinico fino in fondo e opta per un finale consolatorio e moraleggiante. Inoltre, cosa veramente strana per lui, infila anche qualche passaggio forzato nella sceneggiatura: possibile che il figliastro, con tutta l’America a disposizione, vada a rifugiarsi proprio a San Francisco? e, se Jasmine aveva sempre preferito ignorare gli intrallazzi del marito, cosa avrà mai potuto raccontare al FBI che già non sapessero?
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