Regia di Petra Costa vedi scheda film
Elena che è figlia di una donna che sognava di fare l’attrice, di un uomo che ha lottato contro il potere nel Brasile non democratico. Elena che è emigrata negli Stati Uniti, per danzare e recitare, e che non è riuscita mai a vivere di quel che desiderava. Elena che significa fiaccola, che s’è fatta ombrosa, e che all’ombra, poi, s’è consegnata per sempre. Elena che s’è data alla morte. Elena che è un’immagine, stampata su fotografia, su pellicole amatoriali. Elena che è una voce registrata in fugaci appunti di diario audio. Elena che è un fantasma. Petra Costa, di Elena, è la sorella. E segue le sue tracce, ripercorre le sue andate e i suoi ritorni, ricalca i suoi passi. Sogna. Recita. Danza. Come lei.
Elena, il film, è un documentario che raccoglie materiale d’archivio e lo abbandona alla scomposta elegia funebre delle parole, un home movie sentimentale, abbarbicato alle domande sul futuro, e sul passato, della sorella. La ricerca di un dialogo impossibile, sradicato dalle logiche del tempo e allignato nelle ragioni dell’affetto. Un corpo a corpo tra la regista e lo spettro di una predestinazione, un confronto serrato, una resa dei conti. Un atto postumo d’amore. Il gesto della Costa dialoga con Un’ora sola ti vorrei della Marazzi, con Irène di Cavalier, ma cade nelle forme di un lirismo affettato, di una ricerca poetica che cercando la beltà del verso, l’ardire della metafora, finisce per perdere in urgenza. E per un’opera intima, delicatamente oscena, è un neo anche il solo sembrare insincera.
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