Regia di Annalisa Piras vedi scheda film
Negli ultimi anni, l'Italia è stata oggetto di numerosi documentari politici, docudrama o simili, il che testimonia della (involontaria) centralità delle anomalie nazionali in un certo dibattito internazionale.
GIAC è a mio parere il migliore che abbia visto.
Più approfondito e meglio scritto del banale Videocracy, intellettualmente più onesto del fazioso Affaire Mondadori, più interessante di Citizen Berlusconi.
Strutturato come un racconto della buona e della cattiva Italia, prende a prestito la Divina Commedia come filo conduttore per mostrare quanto ci sia di incomprensibile, per un osservatore straniero (per quanto innamorato dell'Italia) nelle vicende nostrane degli ultimi decenni.
Molti gli interventi, non tutti memorabili onestamente (per citarne uno trascurabile, John Elkann).
Alla fine, forse Saviano identifica meglio di tutti la morale della (nostra) storia. Il dramma italiano è la penetrazione della convinzione che Machiavelli (o meglio, una versione apocrifa) spieghi tutto. Che tanto è uguale, che sono tutti uguali, siamo tutti uguali.
Quindi, chi si è inserito in questa scia ed è riuscito a convincere l'elettorato che cambiare non solo non serve, ma è addirittura sconsigliabile (andiamo tanto bene così come siamo), vince per forza.
Efficace quindi, perché non banalmente militante, ben scritto e con un'interessante (per quanto ovviamente arbitraria) selezione dei materiali.
Alcuni momenti non sono riuscitissimi (il cameriere italiano, le bambine sul ponte).
Una pecca inspiegabile: perchè prendere un Pulcinella steroidizzato come simbolo del male? Il povero Pulecene' cercava solo di sopravvivere come poteva alle angherie dei potenti. Ma forse a Emmott e ai suoi disegnatori questa cosa è sfuggita.
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