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Henry

Regia di Yan England vedi scheda film

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La recensione su Henry

di OGM
8 stelle

Io sono qui. Sì, però dove? E voi chi siete? Mi sono perso in questa storia, che è la mia, eppure sembra un sogno senza fine. Forse questo è il pensiero di Henry. O forse la sua mente non è già più in grado di formularlo. Il cervello, spegnendosi, impazzisce. Senza volerlo, si costruisce intorno un mondo caotico, che non è più in grado di governare. Tutto esiste contemporaneamente, ogni cosa e il suo contrario, in questo racconto senza logica, nel quale non si sa di ricordare, e si dimentica di sapere. La lucidità va e viene, in un’infinita vertigine che riporta a galla memorie dolorose, e le trasforma in allucinazioni fatte apposta per spaventare, sorprendere, disilludere. È l’universo fluttuante della malattia di Alzheimer, che instancabilmente si reinventa, affermando per poi negare, creando per poi distruggere. Questo cortometraggio canadese, finalista al Premio Oscar 2013, è un vortice di cui non si riesce a individuare il centro, e che ci trascina con sé nello spazio e nel tempo, lungo un percorso privo di consequenzialità, in cui realtà e immaginazione sono le due facce di una verità eternamente sfuggente. L’interminabile corsa alla ricerca di un senso, che faccia tornare i conti e definisca i contorni dell’io, è l’impresa impossibile che noi, attraverso l’occhio della macchina da presa, affrontiamo dalla prospettiva del protagonista. La visione è tanto fluida quanto sfaccettata, rotante intorno ad un delirio nel quale il dramma si traduce in una caleidoscopica fantasmagoria del vissuto: un fuoco d’artificio che produce niente più che un rumore sordo, e inoltre non brilla, impastato com’è di opaco e comune squallore. I suoi colori sono freddi ed estranei, e solleticano l’angoscia con le loro sfumature ruvide. Un naufragio triste e disperato. Un oblio provocato dall’ubriacatura della memoria. Non c’è pace nei furiosi chiaroscuri di una coscienza che funziona a intermittenza. Eppure la musica c’era, una volta: si sentiva nell’aria, e adesso, a tratti, un vento discontinuo la riporta indietro. Ma ciò che ritorna  è solo un momentaneo suono in sottofondo, affollato di echi confusi, e ormai incapace di farsi melodia.  

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