Regia di Joseph Losey vedi scheda film
Tra le macerie morali del secondo dopoguerra, la speranza in un mondo migliore doveva sembrare pura utopia, fantascienza; un’eventualità probabile quanto la possibilità che ad un bambino, nell’arco di una notte, crescano dei capelli verdi.
Nel 1948, all’opera prima ma con la mano ferma e rigorosa del mestierante totalmente inserito nei principi del cinema classico hollywoodiano, Joseph Losey realizza Il ragazzo dai capelli verdi, una fiaba sulla rinascita, sulla possibilità di trovare concordia nelle differenze, velata dalla malinconia dell’occhio adulto, il senso di colpa di una generazione consapevole di aver lasciato ai propri figli l’arduo compito di ricostruire.
Esaltati dai colori pastello della technicolor, i capelli del giovane protagonista, interpretato da Dean Stockwell, sono un simbolo di libertà rispetto al pensiero comune, appannato dalla paura e dall’ansia sociali. Così, la purezza dell’infanzia risulta l’unico vero fronte di resistenza alle ingiustizie di una società traumatizzata, circospetta nei confronti del diverso.
Se Losey racconta la sua storia in modo chiaro, lineare, didascalico, d’altra parte la sua non è una morale imposta, né decifrabile o presente; piuttosto Il ragazzo dai capelli verdi è una panoramica soggettiva, perché filtrata dagli occhi di un bambino, e parziale, di un paesaggio umano scettico, reticente all’idea che nel futuro possa albergare qualcosa di migliore rispetto a ciò che è stato.
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