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Il ragazzo dai capelli verdi

Regia di Joseph Losey vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il ragazzo dai capelli verdi

di cherubino
8 stelle

...il colore di quei capelli - quello dell’erba fresca che rinasce ad ogni primavera - non era cosa di cui preoccuparsi bensì .…una specie di diploma. “Ma perché proprio io? Non ho fatto niente….”. “Sarà per qualcosa che sei destinato a fare in futuro…”.

 

Pat O'Brian, Dean Stockwell

Il ragazzo dai capelli verdi (1948): Pat O'Brian, Dean Stockwell

IL RAGAZZO DAI  CAPELLI VERDI (1948)

E stato meglio averlo visto ieri per la prima volta anziché nei primi anni cinquanta, non lo avrei apprezzato a quell’età. Non dico che sia inadatto ai bambini in generale ma ben lontano dai miei gusti di allora: stesso colore ma… “Il corsaro dell’isola verde” (con la coppia acrobatica Lancaster- Cravat) quello sì era per me un capolavoro!

“Favola tristissima dietro l’apparenza gentile e delicata”, prendo a prestito queste parole da jonas che poi sintetizza così il messaggio del film: “non solo un’appassionata dichiarazione di pacifismo, ma anche una parabola sulla diversità e sul modo di percepirla”, non si potrebbe dir meglio.

Quando improvvisamente, asciugatosi dopo una doccia mattutina, Peter  si accorge che i suoi capelli sono diventati verdi,  non ci rimane male, li trova belli così come la prima ragazzina che lo vede mentre ritira la bottiglia del latte.
Ma nel giro di pochi giorni questa diversità diventa un problema (crescente) per gli abitanti grandi e piccoli del quartiere e anche per lui di conseguenza.
Nonostante la intelligente “disinvoltura” della maestra +: “Quanti di voi hanno i capelli neri? 4; marroni? 11; biondi? 9; verdi? 1; rossi? 1. Bene. Qualcosa da dire?”. Silenzio. Tutto normale dunque….
Ella stessa però ai suoi compagni di classe rivelerà successivamente che Peter (Piero nella versione in italiano) è orfano di guerra, cosa che a lui il nonno non ha ancora comunicato direttamente.

Era in realtà già da tempo il timore di essere uno di essi il vero motivo dei turbamenti di Peter, ciò che lo faceva sentire diverso dai suoi compagni anche coi capelli neri, al punto da odiare i manifesti con fotografie di suoi coetanei resi invalidi od orfani dalla guerra finita da poco.
Per prendersi cura di loro i suoi genitori l’avevano abbandonato e ancora non tornavano, continuava a dirsi temendoli però morti.
L’averne avuta conferma gli fa apparire i genitori ancor più colpevoli nei suoi riguardi: non solo l’hanno abbandonato in favore di altri ma per sempre..
Ci sarà però una commovente seconda invenzione poetica: i ragazzi dei manifesti gli appariranno tutti insieme, reali quanto lui,  nel boschetto in cui si è appartato per riflettere da solo; e gli parleranno, gli spiegheranno che ha un compito, importantissimo, da svolgere, affidato a lui e solo a lui nel mondo, unico ragazzo scelto per avere i capelli verdi: è il segno che è fondata la speranza di tutti che il mondo non finirà a breve, come molti temono, durerà per chissà quanto in pace, senza più bambini orfani di guerra. Peter deve portare a tutti questo messaggio.
Ecco che cosa intendeva il nonno quando, per tranquillizzarlo, gli aveva detto che il colore di quei capelli - quello dell’erba fresca che rinasce ad ogni primavera - non era cosa di cui preoccuparsi bensì .…una specie di diploma.
“Ma perché proprio io? Non ho fatto niente….”. “Sarà per qualcosa che sei destinato a fare in futuro…”

lang=it

 

Non crediate che la storia termini qui: Peter si darà da fare per portare quel messaggio ottimistico ma tutti sono spaventati da quegli strani capelli, che potrebbero essere dovuti ad avvelenamenti del latte, dell’acqua… o da chissà che cosa. È la paura del futuro. Davvero tutti temono il peggio, sono già state fatte esplodere due bombe atomiche e sanno che se ci sarà una terza guerra mondiale potrebbe essere l’ultima, la fine del mondo.
Vedetelo, nonostante mi sia dilungato più del solito sulla trama non penso di avervi rovinato del tutto la visione. Il finale non è triste, come si conviene ad un film che è “anche” destinato ai ragazzi.
Peraltro, la mia impressione è che la parte di cui vi ho parlato (circa tre quarti del film) sia la più pregevole.

 

https://www.raiplay.it/video/2016/07/Il-ragazzo-dai-capelli-verdi-8a13d3df-4f18-40e4-a556-c388d98f00c2.html


Veniamo al regista Joseph Losey. Vi confesso subito che credevo fosse inglese ed invece no (statunitense), mi sembrava poi di aver visto parecchi film da lui diretti ma leggendo la sua filmografia mi accorgo ora che quelli di cui sono sicuro sono solo tre. E allora come mai il suo nome mi è così familiare? Perché si tratta di tre veri e propri capolavori: “Il servo” (1963), “Per il re e per la patria”(1964), “Messaggero d’amore” (1971).
Ebbene, il film di cui sto parlando ora fu il suo primo lungometraggio. Girato nel’48, non ce ne furono altri fino al 1950 (1) e poi 2 nel 1951. E qui ebbe termine la sua attività in patria. La causa fu il maccartismo, si trovava in Italia quando fu chiamato negli USA a testimoniare dal Comitato incaricato di scovare i sovversivi “comunisti” e reagì esiliandosi in gran Bretagna. Ove peraltro per il primo film (“La tigre dell’ombra”, 1954) fu costretto ad usare uno pseudonimo per evitare agli attori americani di quel thriller di finire nella “lista nera”. Non tornò più, morì a Londra nel 1984 a 75 anni d’età. Un grande, a mio modesto avviso.
Tra questo film d’esordio e i tre bellissimi che ho citato non è scontato trovare attinenze “tecniche”. Peraltro, dal punto di vista contenutistico non c’è forse film di Losey che non rientri nella descrizione che fa del suo “mondo cinematografico” la Enciclopedia Treccani:
“Il mondo cinematografico di Losey è segnato da una ricerca inquieta delle ragioni morali, psicologiche, politiche dell'agire sociale, percorso da ombre e interrogativi sulla complessità dei rapporti interpersonali, di classe e di potere, immerso in climi ora duramente realistici ora metaforici, carichi di tensione drammatica risolta spesso in una elaborata teatralità degli spazi e degli effetti drammaturgici, e in una sofisticata, a volte barocca, ma sempre lucida, indagine sull'ambiguità di fondo dell'identità umana e della condizione esistenziale.”



E poi Dean Stockwelll. È stata per me una piacevolissima sorpresa scoprire che il ragazzo dai capelli verdi altri non è che questo ottimo attore, che qualche settimana fa ha compiuto 83 anni. Non sapevo che fu  bravo assai anche come attore bambino. Mi riprometto di parlarne tra breve per qualche altro film o in una playlist.

Il nonno è Pat O’Brien, attore che negli anni trenta aveva girato con successo molti film accanto a James Cagney di cui il più famoso fu “Angeli con la faccia sporca” (1938): “…accoppiata Cagney-O'Brien, basata su un indovinato equilibrio tra le caratteristiche dei due interpreti, ovvero l'umorismo di O'Brien ispirato da un'ironia e un cinismo a mezza bocca rispetto a quello più dinamico e fisico del partner…”. Qui cinismo non ce n’è, sostanzialmente bonarietà, affettuosità e un po’ di umorismo, semplice per lui dimostrarsi all’altezza di questo interessante ruolo. Ultima volta sullo schermo nel 1981, sia per O’Brien sia per Cagney, sempre legati da amicizia, in “Ragtime” di Milos Forman.

La maestra è Barbara Hale: sembra capirsi in questo ruolo che abbia proprio la stoffa della segretaria perfetta (passerà alla  storia come tal Della Street al fianco di Perry Mason).

Completa il cast Robert Ryan. Non che il suo ruolo sia irrilevante, ma certo un attore di tale livello appare piuttosto sprecato.





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Piccola facezia personale:
Dico a mia moglie: “Ancora nel’ 51 lo chiamano Piero anziché Peter …” “Per forza, come mio cugino…”,  ricordandomi così che anni addietro suo cugino Piero ci mostrò con una certa fierezza la sua carta d’identità in cui era stata commessa una inversione: occhi marrone, capelli verdi.

Alla prossima. Un saluto da
cherubino,
23.3.19


(recensione dedicata a mio padre, che nacque 107 anni fa - il 23 marzo 1912 - e mi manca da oltre 35. Nel 1948 mi insegnavi ad andare in bicicletta...)

 

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