Regia di Bruce Beresford vedi scheda film
Ad una cena sociale ad Atlanta in Georgia, Martin Luther King con la sua voce fuori campo ammorba la platea con l'ennesimo suo discorso retorico sul razzismo, la mdp si avvicina al volto di miss Daisy (Jessica Tandy), mentre in primo piano vediamo un uomo bianco vestito elegante, che ascolta con occhi persi nel vuoto il lungo sermone mentre il montaggio alterna tra la sala e l'auto in cui il sorridente autista Hoke (Morgan Freeman), ascolta alla radio il discorso.
A Spasso con Daisy di Bruce Beresford (1989) in questa sequenza programmatica, mostra tutta la propria natura di film senza alcuna anima. Siamo innanzi ad una pellicola dalla messa in scena ricostruita con dedizione e dalla fotografia dai toni caldi, eppure terribilmente vuota e annoiata, come per l'appunto quell'uomo bianco seduto a tavola che evidentemente stava lì per presenza perché è giusto essere anti-razzisti, ma indagare a fondo il problema non se ne parla.
Il difetto non è tanto il tono leggero che permea il tutto, ma l'incapacità di sfruttare la leggerezza per miscelarla con una forte ironia sul razzismo latente dell'anziana Daisy nei confronti del suo autista Hoke.
Il film prevedibile sin da subito, mostra dapprima una situazione ostile, che pian piano verrà meno sino ad un finale largamente scontato e anche poco coraggioso, poiché forse dovuto alla demenza senile di una oramai quasi centenaria Daisy, che non dal suo effettivo cambiamento.
È per situazioni come queste, che il film nel tempo specialmente dalla comunità nera è stato accusato di essere sottilmente reazionario, facendosi veicolo di una sorta di subdolo suprematismo bianco dove il cambiamento avviene sempre in modo pacifico, buonista e soprattutto per un mutamento di opinioni dell'uomo bianco, il quale resta colpito dalla disciplina e dalla capacità di sopportazione dell'uomo di colore.
Non sento di condividere in toto queste accuse di razzismo mosse al film, specie da Spike Lee che è arrivato ad etichettare il film come "A Spasso con la Fottuta Daisy", ma è innegabile come il film affronti il tema del razzismo in modo oltremodo semplicistico e goffo.
La regia di Bruce Beresford si concentra solo sul microcosmo dialettico Daisy-Hoke, la società razzista del sud è tenuta fuori da ogni analisi e d'altronde la regia accademica non fa altro che assecondare la narrazione con numerosi primi piani (con tanto di mdp che si avvicina al volto di Jessica Tandy mentre spara un monologo su un avvenimento del suo passato), con delle panoramiche di tanto in tanto giusto come raccordo narrativo e dei pachidermici carrelli lateriali all'auto guidata dal nostro Hoke, che finiscono con l'ammuffire ancor di più la pellicola invece di dare dinamismo.
Una regia pigra, che giustamente agli oscar non venne nominata a differenza del film, di cui qualcuno a mo di presa in giro per questo disse che il film s'era diretto da solo, tanto per sottolineare l'inutilità della direzione di Beresford.
Le interpretazioni sono gradevoli, forse esagerati gli elogi per una troppo calcolata Jessica Tandy (ma paga un personaggio monotono e non approfondito per niente), con tanto di numerosi premi vinti tra cui addirittura un'oscar come miglior attrice protagonista e un orso d'argento; più riuscita la prova recitativa logorroica di Morgan Freeman (orso d'argento anche per lui) ed un Dan Akroyd molto misurato, il tutto impreziosito da una colonna sonora interessante nell'esecuzione da parte di Hans Zimmer.
Il film costato 7 milioni, ne incassò oltre 140 ed ebbe 9 nomination agli Oscar e ben 4 vittorie tra cui miglior film e sceneggiatura, a tema razzismo sicuramente Fa' la Cosa Giusta di Spike Lee quell'anno era un capolavoro assoluto nettamente superiore e purtroppo non venne neanche nominato e se ci limitiamo alla cinquina, Nato il 4 Luglio di Oliver Stone, sarebbe stato un vincitore migliore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta