Regia di Nana Ekvtimishvili, Simon Gross vedi scheda film
In fiore. Lo sarebbe davvero, la gioventù georgiana degli anni novanta, se solo sullo sfondo non si stagliassero gli spettri antichi di moderne tragedie: la guerra in Abcasia, la povertà, le incomprensioni familiari, la difficile condizione femminile. Il contorno è violento, nelle province lontane dove i padri vanno a combattere per non ritornare, ma anche tra le pareti domestiche, dove marito e moglie litigano facendo a pezzi la casa, e dove una ragazzina nasconde una pistola con il colpo in canna. I drammi fra i quali crescono Eka e Natia, due adolescenti come tante, compagne di scuola ed amiche per la pelle, sono uguali a quelli che si verificano un po’ ovunque nel mondo di oggi: le inquietudini individuali non tardano ad esplodere in rivalità, che producono conflitti di portata variabile, in cui si è soli oppure in gruppo, tutti contro uno, o tutti contro tutti. Succede spesso per caso, per un lieve sconfinamento territoriale, come quando qualcuno passa avanti a qualcun altro, nella fila per la distribuzione del pane. La reazione può essere più o meno adeguata, ma quasi mai è davvero commisurata alle circostanze: c’è chi è disposto ad uccidere per una stupida questione di cuore, e chi, per contro, non batte ciglio di fronte al rapimento di una ragazzina. Si accoltella per strada il rivale in amore, e si atterra con un pugno una bambina, per il solo fatto che si è messa a protestare. La tensione si manifesta in modo sparso ed incivile, disseminando le esistenze, già disagiate, di tanti squallidi episodi di gratuita brutalità. La gioventù appare per lo più sana e normale, vorrebbe crescere ed essere libera, ma è ciò è impossibile in mezzo ad un popolo fondamentalmente diviso, che ha perso il senso della giustizia e sembra volersi consegnare alla legge della giungla. La lotta per la sopravvivenza si intreccia con gli atavici schemi oppressivi, improntati al militarismo e al maschilismo, che offrono un barbaro rifugio dalle incertezze del presente. Questo film ne parla con un linguaggio diretto e scarno, privo di particolari accorgimenti narrativi, come si addice agli osservatori attenti ma imparziali, che inquadrano il male come un evento comune, che capita, semplicemente, nella vita di ogni giorno: un incidente inutile, che avviene quando meno ci si pensa, ed ha spesso conseguenze imprevedibili. La terribile anomalia è una parte della normalità, che attorno ad essa continua a compiere i propri consueti giri a vuoto, anonime espressioni di una sostanziale indifferenza nei confronti del futuro. Il caos dell’oggi non permette di guardare oltre, mentre ogni cosa, compresi l’odio e l’amore, si affidano all’azzardo di un’emergenza forse in parte inventata, o comunque sostenuta dalla mancata volontà di superarla, insieme, unendo le forze. In Bloom è un canto senza melodia, dedicato ai petali dispersi nel vento: è la primavera negata costretta a tuffarsi in un autunno grigio, triste, e, soprattutto, senza un perché.
Questo film ha concorso, come rappresentante georgiano, agli Academy Awards 2014.
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