Regia di Silvio Soldini vedi scheda film
Nel 1989 a est soffia vento di rivoluzione: le manifestazioni degli studenti cinesi, il crollo del muro di Berlino (estremi cronologici fra i quali si colloca la vicenda del film). Ma qui nel nostro occidente spira soltanto una lieve brezza, che basta appena a increspare la superficie delle esistenze di alcuni personaggi (legate tra loro da un’agendina che passa di mano in mano): un’infermiera che trascorre notti brave provoca involontariamente il suicidio di un ragazzo che aveva respinto; un chimico (il povero Marescotti, con quella faccia gli toccano sempre certe parti sgradevoli), il cui svago principale è guardare in stato catatonico vhs di vecchie partite di tennis, vorrebbe prendersi una botta di vita ma viene stoppato dalla moglie; un antropologo sogna di studiare una tribù primitiva; una traduttrice non sa adattarsi alla vita di Milano. Nell’ultima scena l’infermiera, ormai rientrata nei ranghi, spegne la luce del comodino e si mette a dormire; e sappiamo bene quali sono gli effetti del sonno della ragione. Dopo questo splendido film Soldini non si è mai più ripetuto: nei primi tempi ci ha provato, poi si è arreso ed è passato a dirigere commediole (quasi) innocue.
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