Regia di René Cardona Jr. vedi scheda film
Instant movie girato a ridosso del più impressionante suicidio di massa mai avvenuto. Opera del valido regista messicano René Cardona Jr. che per l'occasione, al fine di documentarsi in dettaglio, si reca direttamente sul luogo della strage. Film fedele ai fatti di cronaca, girato per raccontare una terribile storia.
Con le donazioni degli adepti e dietro supporto d'un paese socialista, il reverendo Johnson (Stuart Whitman) realizza una comune (denominata Johnsontown) in Guyana, località isolata nella giugla dove si trasferisce con migliaia di seguaci appartenenti alla Setta del Tempio del Popolo. Ben presto trapelano notizie su una conduzione estrema del leader, caratterizzata da sfruttamento della manovalanza ma anche da torture e violenze sessuali, perpetrate persino a danno di minori, tanto che una volta entrati a fare parte della setta, diventa impossibile uscirne vivi. O'Brian, un senatore del governo degli Stati Uniti, seguito dai parenti di alcuni adepti e da diversi giornalisti, si reca in visita a Johnsontown. Osteggiato dagli ambasciatori locali e dallo stesso Johnson, O'Brian a fatica riesce a farsi ospitare, scoprendo inoltre che l'area è pattugliata da forze armate al servizio di Johnson. Apparentemente sembra tutto essere sotto controllo ma quando diversi affiliati manifestano l'intenzione di volere tornare in patria, il leader della setta, malato di un tumore da tempo, anticipa il progetto della "Notte bianca". Ordina l'aggressione a O'Brian, sterminato con il suo seguito in prossimità di due aerei pronti al decollo, mentre sta tentando di portare in salvo i "disertori" e predispone - nel solo arco di 45 minuti - un suicidio di massa a Johnsontown, costringendo i genitori ad uccidere prima i figli, facendo loro ingerire veleno, poi ad uccidersi o ad essere uccisi con la forza dal gruppo di guardie armate.
"Il signore mi ha ordinato di guidarvi in Guyana, per dare vita a una colonia e costruire, a suo nome, Johnsontown."
"Se non possiamo vivere in pace, dovremo morire in pace."
Terrificante fatto di cronaca che raggiunge l'apice il 18 novembre del 1978, quando Jim Jones attua con il supporto di uomini armati il macabro suicidio/omicidio di oltre 900 persone, del quale è rimasto a testimonianza un'audiocassetta registrata dal "reverendo" mentre pronuncia l'ultimo allucinante sermone. Il cineasta messicano René Cardona Jr., impegnato nelle riprese di un film, abbandona il set per recarsi in Guyana e documentarsi sul tragico avvenimento che, per primo, traduce poi in lungometraggio con il supporto di Carlos Valdemar ai testi. Il risultato è questo impressionante Guyana: crime of the century. Per questioni ovviamente legali, i nomi dei protagonisti subiscono variazioni: Jim Jones diventa nella ricostruzione cinematografica James Johnson, e così accade per il senatore e i giornalisti coinvolti nei fatti.
Cardona si concentra sugli ultimi quattro giorni (dal 14 al 18 novembre) e gira senza aggiungere scene visivamente disturbanti, trattandosi di un orrore reale che non necessita di essere rappresentato per immagini. Anche se la versione originale messicana, di quasi 115 minuti, lascia intendere che quella circolante (in Italia pari a 102 minuti e quella USA addirittura 90, con montaggio e preambolo differente) sia ovviamente tagliata. Non c'è da lamentarsene, dato che le scene di sesso e violenza (limitate a due circostanze escluso il massacro finale), solo accennate, contribuiscono a rendere più spaventoso il contesto. Resta però il dubbio sull'omicidio/suicidio di un adepto che ha tentato di abbandonare la setta: avviene all'inizio del film, dopo il lungo sermone pseudo religioso (in realtà politico) di Johnson; Il corpo della vittima priva di sensi viene posizionato sulle rotaie per essere poi travolto da un treno in corsa: scena di pochissimi secondi, ma così realistica da insinuare il dubbio che possa essere stato utilizzato un cadavere. A breve seguito, anche Umberto Lenzi, in maniera del tutto fittizia e senza alcuna relazione ai fatti reali, per la sceneggiatura di Mangiati vivi! (1980) trae parzialmente spunto dal fatto di cronaca.
Non v'è storia di terrore in cui non entri in qualche modo l'ispirazione del maligno
Nell'aprile del 1979, persino i fumetti "neri" italiani si gettano sulla ricostruzione (assai dettagliata a dire il vero) dell'agghiacciante avvenimento. "Terror gigante n. 114" (Il tempio del suicidio, disegni dello studio Montanari) ripercorre più o meno la storia nei termini utilizzati da Cardona in Guyana: crime of the century, ma in maniera trasversale: il senatore (il cui nome muta in Ryan) viene coinvolto da una ragazza che chiede aiuto per la scomparsa della sorella, avvenuta il giorno dopo che la stessa era fuggita dalla setta. La base comune, ovvero la cronaca, alimenta sia il fumetto che il film e prendere visione di entrambi rende in maggior misura consapevoli dell'unicità del dramma. Dramma che ha condotto alla morte centinaia di innocenti, plagiati dai sermoni (e in parte quindi anche da una forma distorta di religione) pronunciati a voce alta da un esaltato megalomane criminale.
Terror gigante n. 114, ispirato dal tragico suicidio di massa della Setta del Tempio del Popolo
"Se Cristo fosse qui ora c’è una cosa che non sarebbe – un cristiano." (Mark Twain)
Trailer
F.P. 13/12/2020 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 102'43")
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