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Miroir mon amour

Regia di Siegrid Alnoy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Miroir mon amour

di hupp2000
7 stelle

Rivisitazione senza dubbio originale di “Biancaneve e i sette nani”. La vicenda è ambientata in epoca moderna e prende il via dalla fine della celeberrima favola. Si immagina che il famoso finale “E vissero a lungo felici e contenti”, sia stato forse un po’ affrettato. Ritroviamo Biancaneve fatidicamente in procinto di sposare il suo principe azzurro, figlio di due teste coronate che desiderano fare tutto in piena regola, a partire dall’incontro con i genitori della sposa. L’idea di rivedere dopo anni la famigerata matrigna è vissuta da Biancaneve con grande apprensione e, effettivamente, la riunione di famiglia riserverà non poche sorprese. Nel film di Siegrid Alnoy, ogni personaggio della favola è diventato terribilmente adulto. Oltre che del cacciatore incaricato a suo tempo di uccidere la figliastra, la regina/strega ha per amante anche il padre del principe azzurro. Quest’ultimo, figura mediocre, l’esatto opposto del cavaliere senza macchia e senza paura, è completamente succube dei genitori e ambiguamente sensibile al fascino della futura suocera. Dulcis in fundo, Biancaneve ammetterà di essersi concessa ad ognuno dei sette nani.

 

Raccontata così, può sembrare la trama di un film che punta essenzialmente sul grottesco. C’è invece molto di più, anche se raccontato in maniera enfatica, volutamente artefatta, con una recitazione consapevole di essere sopra le righe. Un esercizio nel quale eccelle una folgorante Fanny Ardant, stupefacente matrigna in versione kitsch disarmante. Grande prova per questa icona del cinema francese, che mette quasi autobiograficamente in scena la sua bellezza, il suo elegante invecchiamento, la sua pacata accettazione del tempo che passa. Sul piano della recitazione, le tiene testa la pallida, emaciata e fin troppo bianca Judith Chemla, una Biancaneve debole quanto testarda, un caso clinico da manuale, quello della figliastra impigliata in un rapporto sadomasochistico con la meggera-rivale. Fatta salva qualche perplessità sull’enfasi e i tempi della narrazione, regia e fotografia restano comunque due carte vincenti del film. Il leggendario “specchio delle mie brame” è onnipresente, non solo nel rispecchiare via via Biancaneve e la matrigna, ma anche nella scelta di altre inquadrature, spesso riflesse, con un singolare effetto di presenza duplicata dei personaggi. La regista e sceneggiatrice si diverte ad esagerare. Immerge la sua storia in un mare di neve, annega Biancaneve in un mare di mele rosse più o meno avvelenate (trovata fotografica decisamente efficace), ci presenta sette spiazzanti e divertenti nani alti un metro e settantacinque! Il risultato è un film forse un po’ intellettualoide, ma non privo di originalità, scandito da dialoghi ovvi quanto scanzonati.

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