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Il quinto potere

Regia di Bill Condon vedi scheda film

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La recensione su Il quinto potere

di lamettrie
7 stelle

Un buon film, soprattutto per il messaggio che veicola. La forma lascia a desiderare, comunque. Pur con un buon cast (Bruhl svetta), l’atmosfera proposta è fastidiosa e poco realistica: il gruppetto degli eroi, intelligenti, colti e soprattutto padroni di tutti i mezzi tecnologici che sono i soli che permettono una battaglia ciclopica per il bene dell’umanità (come realmente Assange ha fatto), sono rappresentati in modo quasi farsesco. Sembrano dei ragazzetti illusi, con il tasso di speranza che hanno dei liceali di buone speranze, ma lontani anni luce dalla complessità e dalla fatica che richiede questo vero obiettivo.

Questo è un limite vero dell’opera di Condon, anche se altrove l’Assange del film mostra tale fatica e merito. Peraltro, il martire del libero pensiero, che fa tutto in funzione del bene pubblico (e tale è), Assange appunto, appare insopportabile (anche per i limiti del suo interprete, Cumberbatch): arrogante, i cui limiti caratteriali inficiano la propria stessa battaglia. Ora, ciò sarà anche in parte vero: il film è preso da documenti che di certo non militano nella ripugnante, ritrita propaganda anti-Assange che, guidata ad arte dallo stato che al mondo, da oltre un secolo, crea più ingiustizia, violenza e sofferenza di tutti (gli Stati Uniti), cercano ogni giorno di infangarlo e di distruggerlo, fisicamente, mentalmente, professionalmente, umanamente… Il materiale viene anche da suoi collaboratori non del tutto tacciati di essere dei traditori della sua causa.

Ad ogni buon conto, il messaggio è quanto più conta: l’umanità, ogni essere umano quindi, ha bisogno della massima pubblicità e trasparenza di tutti gli atti di violenza e coercizione che vengono esercitati, perché questi possono esercitati solo nell’interesse reale di tutti gli uomini: 1) della stragrande maggioranza che è vittima di tali atti, e che quindi beneficia della pubblicazione di tali atti; e 2) perfino della minoranza di colpevoli così denunciati, che possono essere smascherati nei loro intenti, e consegnati a un cammino di rieducazione,  che giova tanto a loro quanto al mondo. Ma ogni opacità, ogni censura preventiva, ogni insabbiamento, ogni depistaggio vanno da subito denunciati pubblicamente, come Wikileaks ha lottato per fare: proprio perché a priori impediscono l’acclaramento e la conoscenza di quelle verità che promuovono la felicità di tutti, nei modi sopra descritti.

E Assange, al netto dei suoi difetti emotivi, è uno dei pochi eroi della contemporaneità proprio per questo: perché ha affermato il diritto di tutti di non essere oggetto di violenze, inique e arbitrarie, che servono solo all’arroganza e al potere di pochi. Violenze ingiustificabili, secondo ogni norma ragionevole come l’illuminismo ha insegnato, che sono però tanto più efficaci, quanto più alta è la coltre di silenzio che vi è imposta sopra, e sempre da un potere criminale, come è ogni potere imperialistico. Di cui quello capitalistico e americano è una delle forme più potenti.    

Il più sincero spirito democratico innerva quest’opera, peraltro lunga e per tanti altri versi modesta, e televisiva: il diritto di tutti di essere a conoscenza di tutto ciò che viene fatto di violento al fine di poter valutare se ciò viene fatto per l’interesse morale di tutti (e allora ha senso) o solo per il potere di pochi, più o meno menzogneri, più o meno violenti.    

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