Regia di Luciano Emmer vedi scheda film
Ho visto questo film per la prima volta a Torino, e l'ho trovato incredibilmente audace per i suoi tempi. La prima parte è angosciosa e velatamente sadica; l'immagine chiave è la luce superficiale di una miniera che scompare lentamente allontanandosi. Siamo negli abissi della terra. Il film qui sa di carbone e di grasso, i dialetti si fondono e confondono, i volti scompaiono. Qualcuno muore: è bene pensare alla propria pelle prima che agli altri. Poi, la luce. Ed ecco la seconda parte del film, tutta ambientata in un weekend di fuga dall'incubo, alla ricerca del contatto umano primordiale (con delle prostitute). Amsterdam città del desiderio è anche il luogo della scomparsa dell'individuo, ed incute solitudine e freddezza. Un bel film, a tratti viscontiano, ma realmente originale.
Emmer gli attribuisce (e fa bene) una sensualità da giovane alle prime esperienze, in contrasto col personaggio di Lino Ventura. Bella interpretazione.
Si distingue egregiamente.
Bellissima e ambigua.
Un attore grandissimo in un interpretazione volutamente esagerata e controversa.
Conoscevo poco di Emmer. Grazie alla retrospettiva al Torino Film Festival ho avuto l'opportunità di vedere alcuni bellissimi lavori. Non ci sono capolavori, nessuno ha mai gridato (giustamente) al genio di Emmer. C'è (solo?!) la costanza e la coerenza dell'opera di un autore che ha attraversato più di sessant'anni di storia italiana e adesso non ha nessuna intenzione di fermarsi. Tra fiction e documentario, Luciano Emmer. Va riscoperto.
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