Regia di Nicolas Philibert vedi scheda film
Radio France, come fosse un organismo: Nicolas Philibert oltrepassa le porte girevoli dell’edificio da cui provengono le trasmissioni radiofoniche pubbliche di Francia. E in 6 mesi raccoglie momenti e frammenti che al montaggio divengono l’ipotetica giornata tipo di questo corpo, della sua voce, da mattina a mattina, di programma in programma. Come un Frederick Wiseman che predilige il respiro leggiadro della commedia, Philibert è interessato a mostrare la struttura interna delle istituzioni, le procedure usuali, quel che sta dietro la facciata pubblica, il lavorio quotidiano. E lo fa rinunciando a ogni commento, a ogni facile metafora, a ogni taglio politico che non sia lì, sull’epidermide degli uomini e la superficie delle cose: il cinema guarda e cerca di tenere insieme il movimento della vita, il coordinamento del caos, tentando di restituirlo e finendo per reinventarlo nella stretta misura di un lungometraggio. Raccontare di come si organizzano le cose, dunque, per Philibert, è anche raccontare giocoforza del cinema, e della politica: La maison de la radio non indaga nei retroscena, non ambisce a indicare le problematiche del servizio pubblico, guarda solo le persone lavorare. Ma è l’osservazione di una comunità che finisce per essere un piccolo banco di prova per il concetto di democrazia. Ed è, ancora una volta, un affresco umano che è magistrale saggio di montaggio, documentario che offre delizioso piacere dell’audiovisione.
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