Regia di Claudio Noce vedi scheda film
Qualcosa si muove nel cinema di genere italiano.
È vero, lo blateriamo a vanvera da un paio di decenni, ma è indubbio che ultimamente almeno i noir che arrivano in sala si sono moltiplicati. Dopo Perez., Anime nere e Senza nessuna pietà è la volta di Claudio Noce, che con La foresta di ghiaccio si installa al confine italo-sloveno per raccontare una storia di malavita, mal di vivere, immigrazione, orsi pericolosi e rese dei conti, regalandosi Emir Kusturica nel ruolo di un truce villain zingaro che «preferisce gli animali agli uomini». Due le figure principali a contrapporsi: un giovane tecnico specializzato (inizialmente soffocato dall’esuberanza del suo mentore per un giorno Adriano Giannini), che arriva nella valle per riparare un guasto alla centrale elettrica in alta quota, ma ha propositi di vendetta, e una poliziotta che indaga sulla sparizione di una bambina, spacciandosi per zoologa. Mette i piedi in più scarpe, Noce, e non sempre con la giusta frequenza: l’intreccio, tipicamente thriller, è contorto il giusto, mentre la messa in scena strizza l’occhio all’horror, con una regia nervosa nelle sequenze di azione, gli scenari innevati minacciosi, i personaggi disturbanti, gli interni plumbei e una colonna sonora fin troppo esplicita. La storia comunque sta decorosamente in piedi, per quanto ci metta troppo a tirare le fila del discorso, le facce funzionano, ma alcune sottolineature sono piuttosto grevi. Perché tutti quei ralenti, per esempio? E quei flashback insistiti e didascalici conclusivi?
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