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Zoran, il mio nipote scemo

Regia di Matteo Oleotto vedi scheda film

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La recensione su Zoran, il mio nipote scemo

di Baliverna
7 stelle

Tra un bicchiere di Terrano e l'altro, le giornate scivolano via. Ma in questa vita grama qualcosa, tuttavia, forse si muove.

Non è perfetto questo film, ma ha i suoi meriti, ed è stato girato in una zona d'Italia certo non al primo posto per essere scelta come set cinematografico. Doberdò del Lago (GO), tra l'altro, è conosciuto quasi solo dai giuliani e dai bisiacchi che vivono nelle zone limitrofe (tra cui anch'io). A ridosso del confine sloveno, è una realtà rurale circondata da boschi, colline e vigneti, i quali, messa da parte la componente "alcolica" e satirica del film, rappresentano il fiore all'occhiello dell'economia locale.
Dunque il film, giusto. L'opera dà di questi luoghi un ritratto non certo lusinghiero: si beve molto e si lavora poco, la vita è grama e noiosa, i vecchi trascorrono il tempo all'enoteca od osteria, e i meno vecchi conducono una vita minimalista senza arte ne parte. Il protagonista è un fallito, un uomo che fa un lavoro non certo prestigioso, e sogna una fuga impossibile, senza neppure sapere per dove. Bisogna anche dire che le sconfitte che ha avuto se le è meritate, come il fatto che la moglie l'ha piantato per colpa sua. E' un uomo meschino e opportunista, anche se non fino in fondo, che intende sfruttare ogni possibile appiglio per ottenere l'agognato riscatto, cioè la stima dei paesani e la riconquista la moglie. Battiston ne dà un ritratto convincente e con diverse sfumature, cioè con tratti egoistici che convivono con accenti di bontà o quasi. Del resto, l'attore ha ripreso un personaggio semiserio di quelli nei quali funziona, che gli ha permesso di imporsi nel cinema italiano. E non si è cimentato, come in qualche altra pellicola, in ruoli drammatici e intellettuali che non fanno per lui. Sono bravi anche gli attori che interpretano la ex-moglie e il suo secondo marito, un ruolo, questo, sfumato tra bonarietà, ingenuità, meschinità e piccineria.
La sceneggiatura e il soggetto presentano molti nomi, tuttavia il film non è "schizofrenico" come a volte accade in casi simili. Il ritratto di quel microcosmo agreste è abbastanza coeso. Quello che rimprovero loro è qualche caduta in un cinismo un po' pesante, come l'urna cineraria gettata dalla macchina in corsa e la quasi sceneggiata napoletana che il protagonista recita davanti ai parenti della zia morta. Il regista, infine, doveva secondo me inquadrare di più i luoghi, le case, i paesaggi; l'ambientazione, infatti, risulta un po' sguarnita e indefinita. Oleotto, infatti, inquadra quasi solo gli attori e ciò che viene del paesaggio e dello sfondo quasi per caso. Fanno eccezione un paio di sequenze di Paolo che si sposta con il suo furgoncino, le quali fanno tirare un sospiro di sollievo.
La scena migliore del film è secondo me la sequenza di Paolo col nipote Zoran nell'osteria slovena, dove Battiston spara le sue cartucce di comicità che, più che sulle parole, poggiano sulla sua loquela e modo di fare.
Nonostante i difetti, è un'opera meritoria che va segnalata, di un genere e di un'ambientazione inusuali e per questo ancora tutti da battere. Dei filmetti come compitini di uno scolaro pigro che scrive il minimo, con le solite quattro banalità, ne abbiamo le tasche piene.


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