Regia di Matteo Oleotto vedi scheda film
Al confine tra Italia e Slovenia, dove il verde della vegetazione incontra il grigio delle strade sterrate, «el vin xè la salute, l’acqua xè il funeral» e Paolo Bressan pare deciso a campare in eterno rompendo l’anima al prossimo. Affogando la sua miserabile esistenza nel rosso del bicchiere sempre pieno, dileggiando i concittadini impegnati nelle prove del coro, gettando pietre contro la casa del datore di lavoro. Finché la sua routine alcolica, inconcludente e urticante viene interrotta da un’eredità: l’ignota zia Anja residente in Slovenia è venuta a mancare, lasciandogli un nipote adolescente che parla l’italiano come un testo stampato cent’anni fa e gioca a freccette come un robot infallibile. L’esordiente Matteo Oleotto non sbaglia un colpo, sebbene rischiasse tanto: i cattivi si giustificano dicendo che li disegnano così. Al contrario il meschino protagonista (un sublime Battiston sprezzante del mondo e delle sue consuetudini) cresce con etilica lentezza, il cinismo distillato in scorci di crudeltà autentica che le risate (fragorose e colpevoli) non annacquano. Il giovane Zoran detto Zagor (dallo zio) deve imparare a non colpire con la freccia sempre il centro, il vecchio Paolo deve trovare un centro di gravità semipermanente: la felicità non è roba definitiva, pare ricordarci ogni inquadratura sulla strada, ma il panorama - boschivo e umano - su cui il regista posa lo sguardo è testimone di una profonda, commovente comprensione.
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