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Zoran, il mio nipote scemo

Regia di Matteo Oleotto vedi scheda film

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La recensione su Zoran, il mio nipote scemo

di Utente rimosso (Cantagallo)
6 stelle

Afflitto da un (sotto)titolo che suona come una delle infelici trasposizioni da lingua straniera in italiano mentre si tratta proprio dell'originale, "Zoran, il mio nipote scemo" si inserisce invece tra le pellicole con cui recentemente alcuni meritevoli registi italiani hanno voluto decentrarsi geograficamente dai luoghi classicamente battuti dal cinema nazionale per spostarsi in territori lontani dalle grandi metropoli e soprattutto dall'ingombrante epicentro della nostra industria cinematografica. Immeritatamente meno noti e meno rappresentati, questi posti defilati hanno conservato intatta la loro natura caratteristica e oggi si presentano come luoghi di vera e propria riscoperta, adatti soprattutto ad accogliere sguardi attenti di registi giovani.

Nel caso di "Zoran" siamo addirittura in terra ibrida di confine, vicino a Gorizia sui monti del Carso, testimoni silenziosi di sanguinose battaglie storiche e dolorosi travasi di popoli, che il regista goriziano Matteo Oleotto ben conosce e evoca con delicatezza attraverso elementi indiretti quali la riproposizione dei canti corali di montagna, il cappello da alpino che qualche anziano porta ancora con orgoglio e la continua mescolanza di termini, abitudini e personaggi italo-sloveni. E' questa attenzione all'ambiente, questa descrizione antispettacolare di una realtà geograficamente periferica e apparentemente immobile, scaldata dal consumo rituale dell'alcool (attenzione alla differenza tra "alcolista" e "alcolizzato"...) a costituire il motore primo dell'opera prima di Oleotto, che ha il suo secondo merito nell'aver offerto finalmente l'atteso ruolo da protagonista a Giuseppe Battiston, le cui riconosciute capacità e la serietà con cui ha svolto una lunga gavetta reclamavano ormai da tempo. Ottima la prova fornita dall'attore, perfettamente a suo agio in un personaggio a tratti sgradevole, attorniato da attori autoctoni alcuni dei quali non professionisti.

La storia nella sua semplicità non intende nascondere la sua funzione di traliccio che raccorda luoghi e personaggi, rispetto ai quali è probabilmente nata in un secondo momento e con minore urgenza. L'incontro forzato tra il tracotante protagonista e il fragile ma simpatico nipote sloveno rientra in un certo clichè di accostamento tra soggetti diversi che genera prima conflitto e poi arricchimento reciproco, mentre alcune situazioni secondarie come il settimanale pranzo domenicale a tre tra due coniugi e l'ex marito di lei e l'innamoramento istantaneo dell'intraprendente ragazzina del coro (è ancora una bambina, in verità) per un sedicenne a dir poco impacciato si fanno perdonare giusto tenendo conto nell'insieme di un'opera prima certamente apprezzabile. Forse il film avrebbe beneficiato di una maggiore compattezza, soprattutto nella seconda parte quando, esaurita la presentazione dei personaggi, il ritmo segna il passo e la reiterazione di alcune battute inizialmente efficaci e della buffa parlata del giovane Zoran si avvicinano alla saturazione. La speranza è di ritrovare presto al lavoro il bravo Matteo Oleotto e gli altri giovani registi italiani cui non mancano sensibilità e volontà di prendere le distanze da un certo cinema collaudato e piacione - di impatto più facile ma effimero - magari ispirati non solo da una chiara e personale idea di cinema ma anche da soggetti più compiuti e maturi, coi quali poter fare il vero salto di qualità.

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