Regia di Carlo Alberto Pinelli vedi scheda film
Cino: il bambino coraggioso che attraversò le Alpi dalla Francia per far ritorno nella sua casa in Valle Maira.
Questa la favola che Carlo Alberto Pinelli, regista, alpinista ed ambientalista per sua medesima definizione, ci fa ripercorrere andando oltre cent'anni indietro nel tempo, quando la povertà dilagante costringeva molte famiglie, spesso dedite alla coltivazione o alla pastorizia, a privarsi dei primogeniti ancora bambini, ma già in età da lavoro, per affidarli ad altrettanti contadini o allevatori della vicina Francia, più benestanti e bisognosi di manodopera, affinché questi lavorassero per tutta la stagione estiva, portando a casa qualche soldo per scampare ai freddi ed improduttivi inverni.
Una lontana concitata voce femminile ci racconta queste premesse, per immergerci poco dopo nella beatitudine bucolica quasi inverosimile, tanto risulta maestosa e paradisiaca, delle Alpi marittime e Cozie: nel regno della cultura occitana insomma, che accomuna ancor oggi le valli più occidentali del cuneese come la Valle Stura e la Varaita, ed il Mercantour francese, e di conseguenza due frontiere e due popoli, l'italiano ed il francese un una comunanza di costumi e similitudine linguistica che valica barriere civili e politiche in ogni altro aspetto pratico ormai imprescindibili, Europa unita o meno.
In questo contesto contadino ed agreste, Cino è uno dei bimbi che, con l'arrivo dell'estate, è destinato a lasciare il paese per dirigersi nelle vicine valli francesi, accompagnato da un carrettiere che come seconda e più lucrosa occupazione si presta a favorire questi “trasporti eccezionali” di povere giovani anime. In viaggio il bimbo stringe amicizia con la coetanea Catlin, sveglia ragazzina figlia derisa ed allontanata di una prostituta morta di spagnola e per questo rimasta sola al mondo, mandata oltreconfine a fare la serva.
La ragazzina racconta al suo nuovo amico storie di streghe, le leggendarie “masche” che ancor oggi popolano la fantasia dei racconti popolari piemontesi per ragazzi, ed i due stringono una tenace e solidale amicizia. Divisi a causa di una brutta polmonite della bimba, Cino viene portato a fare l'aiutante di un tirannico pastore francese, che tenta persino di abusare del ragazzino. Inizia per il bimbo una fuga rocambolesca per tornare a casa, accompagnato nuovamente da Catlin che egli ha la fortuna di incontrare di nuovo sul cammino. Assieme alla bambina, ed all'aiuto di un vecchio pastore salvato da una caduta in un fosso dai due bambini (è Philippe Nahon, noto caratterista francese, qui in un per lui insolito ruolo positivo), i due dovranno valicare cime innevate, territori impervi scansando pericoli mortali e fame e gelo per guadagnare la via del ritorno e dividersi definitivamente: Cino verso il focolare domestico, mentre Catlin verso la strada del mare e di Nizza, assieme ad una coppia di giovani acciugai.
Una favola lieve che alterna sentimentalismi facili da libro Cuore o pianti irrefrenabili alla Remì, di fatto sempre ad un passo dal rischio stucchevolezza, ad azzeccate situazioni in cui l'atmosfera esoterica e misteriosa delle leggende popolari locali, accomunata da immagini vere o comunque plausibili di graffiti primordiali di cui sono costellate le valli di confine, conferendo al racconto una sua dignità ed orgoglio; in più i paesaggi incantevoli di questa prima arcata di Alpi che dal mare si preparano a toccare i cieli delle insuperate vette valdostane, fotografati abilmente da un taglio quasi contemplativo che lascia esterrefatti per la bellezza sfolgorante e forse troppo poco nota di paesaggi che poco hanno da invidiare a montagne più blasonate ed estreme, rendono l'esperimento una piccola rarità da incoraggiare e difendere con la massima convinzione, tralasciando o mettendo da parte senza esitare leggerezze ed ingenuità che affliggono qua e là una storiella lineare di un percorso impervio che diviene un cammino di salvezza.
Scelte demodé ed apparentemente anacronistiche come quella di utilizzare sfondi smaccatamente finti e posticci nelle riprese sul carretto che trasporta i bambini (alla maniera dei film americani anni '50 e '60, sfruttatissimi da maestri come Hitchcock) finiscono per dare un tocco di grazia bizzarra ad un'opera coraggiosa e fuori tempo, che finisce per parlare soprattutto di streghe e di storie esoteriche ad esse legate, ove la piccola Catlin diviene il loro emblema, personaggio reale e palpabile solo apparentemente, perché forse solo il frutto della fantasia e dell'immaginazione salvifica di un bambino che riesce a trovare in lei la sola spinta per tornare a casa sano e salvo dopo molte peripezie e pericoli.
Coproduzione italo-francese insolita e coraggiosa che ricorda, per ambientazione più che per spessore narrativo, opere fermamente legate al circondario geografico in cui si localizzano, come il più complesso e maturo "Il vento fa il suo giro" di Giorgio Diritti, questo piccolo curioso film - teoricamente perfetto per il pubblico più giovane del periodo natalizio che stiamo vivendo - ha avuto tuttavia in Italia una recente uscita fugace limitata alle sale piemontesi del cuneese, ed è ora più facile recuperarlo oltreconfine in territorio francese, come sempre più sensibile ed attrezzato per salvaguardare la visibilità di opere incentrate sulla valorizzazione del proprio patrimonio geo-culturale circostante.
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