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Freier Fall

Regia di Stephan Lacant vedi scheda film

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La recensione su Freier Fall

di OGM
8 stelle

Per Marc non era solo un “Ausrutscher”, una scivolata di lato, una momentanea perdita dell’equilibrio. Era invece il principio del suo Freier Fall, della sua caduta libera, che è davvero inarrestabile. Gli è bastato incontrare Kay, il suo compagno di stanza, durante il corso di formazione che ha frequentato per passare di grado. Erano estranei, solo colleghi, ma ben presto sono diventati amanti. è  iniziato tutto per gioco, in margine alle loro corse attraverso il bosco, agli allenamenti per preparare l’esame finale. Ed è continuato fino a sconvolgere la vita di Marc, un agente di polizia che convive con Bettina, la donna dalla quale sta aspettando un bambino. Marc, in questa storia, è apparentemente sempre lo stesso, perché a cambiare è solo la consapevolezza che egli ha di sé. È quel turbamento sottile che trapela da certe sue reticenze, e che si avverte nell’aria, prima ancora che qualcuno, che gli è molto vicino, scopra una scomoda verità tenuta gelosamente segreta. Marc è legato a Kay da un sentimento sconosciuto e totale, indescrivibile eppure prepotente; è l’inattesa novità che irrompe, improvvisa, nella sua esistenza, ma che, di per sé, non pretende di porre fine alle sue abitudini, ai suoi rapporti familiari, alla sua identità di uomo e di padre. Ciononostante, per lui è difficile far quadrare i conti, portando avanti una normalità con il doppiofondo, che lo vede costretto a soffocare, con l’umiliante pratica del sotterfugio, una parte tanto profonda e intensa della sua affettività.  Il problema è dover nascondere dietro una menzogna quella che, paradossalmente, è  un’espressione incondizionatamente sincera dell’essere. Questa emerge spontaneamente, e, per quanto possa, in un primo momento, causare spavento, viene affrontata da Marc con un trasporto che nega la paura e la vergogna, affermando la volontà di sperimentare la propria capacità di trasformare l’impulso in passione, e l’attrazione in un legame che unisce i corpi e le anime. Il film di Stephan Lacant racconta la vicenda dall’interno, dove è la natura, con le sue logiche imperscrutabili, a dirigere il corso delle cose, gli istinti e le relazioni, le emozioni e le scelte. Il dramma è frutto del dilemma morale, esattamente come lo scandalo è figlio del pregiudizio.  Al di sotto delle loro strutture, edificate a posteriori dall’evoluzione culturale, l’individuo vive l’ambiguità come ricchezza e la complessità come sfida che innesca la crescita interiore. L’obiettivo non stacca lo sguardo da quell’uomo che sta silenziosamente attraversando un periodo di crisi, che altro non è se non un travagliato percorso di rivelazione invisibile e criptica: un mistero ineffabile che  gli nasce dentro e che preme per uscire alla luce del sole, per mescolarsi con le altre cose vere ed importanti che lo circondano, senza fare loro alcun male. Eppure il mondo non può capire. Quell’enigma fa parte di ciò che nei millenni abbiamo estromesso dalla definizione di essere umano, e per il quale non esistono parole in grado di coglierne il senso. Impossibile comprendere, dunque, pur volendo. Ed inevitabile soffrire. 

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