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The Spirit of '45

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su The Spirit of '45

di logos
9 stelle

Dopo il dodicennio nero e le devastazioni del nazifascismo, lo spirito del '45, secondo Ken Loach, era ben radicato nelle masse popolari, stanche per lo sfruttamento e l'asservimento del libero mercato già riscontrato con la crisi del '29 e per tutti gli anni 30.

 

Se la guerra, tra i vari disastri, dialetticamente ha lasciato qualcosa di potenzialmente buono, è proprio la consapevolezza che nel mutuo soccorso, la presenza dello Stato, così come è stato determinante per la vittoria bellica, lo poteva essere anche per la ricostruzione della civiltà, per non essere più preda della concorrenza del libero mercato, ma al contrario autodeterminata in un progetto democratico di pianificazione sociale dell'economia per il bene comune. Nasce così lo spirito del '45 e la vittoria del partito laburista di allora, che senza tanti giri di parole era un partito dalle aspirazioni non social-democratiche, ma in tutto e per tutto socialiste.

 

Vediamo così scorrere in bianco e nero immagini d'archivio e interviste di chi ha vissuto i trent'anni d'oro, che analizzano in modo anche didattico che cosa significava per l'Inghilterra essere socialisti. Significava avere a cuore il bene comune, essere partecipi di uno Stato che aveva come pirorità il bene della collettività, attraverso la nazionalizzazione dei settori chiave, che ha permesso ad Anerium Bevan di presentare la nazionalizzazione come fatto democratico radicale. Si hanno così progressimavamente il Servizio Sanitario nazionale, il Settore pubblico dei trasporti, gas ed elettricità, il Piano della casa popolare, il Welfare State dalla cullla alla bara. Si esprime pertanto "un'idea nobile, popolare e acclamata dalla maggioranza della popolazione": ascoltiamo e vediamo  anziani testimoni di quell'epoca improntata al sociale, siano essi medici, infermieri, postini, ex minatori, ferrovieri, portuali, ma tutti accomunati dall'idea che quel sistema funzionava perchè prioritario non era il profitto ma il benessere qualitativo della cittadinanza. E si nota anche che alla fin fine quel sistema non solo era efficace ma era anche efficiente, perchè gli investimenti pubblici per la sicurezza, la prevenzione, e l'efficacia stessa dei servizi, andava a ridurre al minimo i costi straordinari e imprevisti che si sarebbero prodotti per il malfunzionamento di un'economia se fosse stata in mano ai privati che, come sempre, gioca al ribasso per battere la concorrenza. Tanto per fare un esempio riportato in un momento successivo, quando Loach descrive la deregulation degli anni 80, il gioco degli appalti, in cui vince la ditta che presenta un costo minore, non solo è causa di disoccupazione e di bassi salari, ma sul lungo provoca danni da cui conseguono maggiori spese rispetto al servizio pubblico.

 

La seconda parte del film vede infatti il socialismo decisamente fallire a favore del tatcherismo. Dal 1979 tutto si sposta verso il liberismo, il capitalismo senza briglie, e come effetto domino della deregolazione si hanno le privatizzazioni dei trasporti, delle forniture di gas ed elettricità, delle miniere, nonchè l'esternalizzasione dei servizi sanitari. Perchè questa svolta? Il film ce lo dice tra le righe: crisi di sovrapproduzone, saturazione dei mercati, perciò occorre alleggerire il sistema produttivo, renderlo stop and go, flessibile, cercando di delegittimare i sindacati, stacanndoli dalla forza lavoro. Questo passagio è delicato, perchè sembra mettere in evidenza che l'economia keynesiana è fallita non perchè richiedeva un massiccio intervento del welfare state con conseguenti costi burocratici e mastodontica lentenza, ma perchè funzionava fin troppo bene ma, entro i limiti del modo capitalistico di produzone, questo funzionare bene diventava un fattore di rottura: o si passava davvero al socialismo o si smantellava lo stato sociale per lasciare intatte le basi capitalistiche del sistema di produzione e distribuzione. La necessità di smantellare lo stato sociale non è stata dunque una scelta davvero inevitabile, ma soprattutto di carattere politico e concordata a livello inernazione, come l'unico modo per non far soccombere il capitalismo, in un periodo di saturazione del mercato e di guerra fredda non ancora terminata.

 

Visto in quest'ottica, il passaggio al tatcherismo e al liberismo, oggi ancora più che mai spinto alle sue estreme conseguenze, diventa un mostro storico con le sue debolezze strutturali, e il film pertanto cerca di riproporre al pubblico, attraverso la testimonianza di chi ha vissuto l'era della riscostruzione e del passaggio dal welfare al liberismo, un messaggio di ricomposizione tra le generazioni; in particolare gli anziani, invece di essere rottamati, devono dire ai giovani che cosa è successo, esortarli ad alzare la testa, a rivendicare i loro diritti, perchè la baracca di questo mondo è nelle mani degli sfruttati e non già nelle classi dominanti, o meglio ancora nella sacra trinità di profitto, rendita e interesse; perchè il socialismo è come un'araba fenice, gli puoi dare nomi diversi, lo puoi sconfiggere e demonizzare, ma sempre risorge con altri nomi e con altri volti, perchè il suo scopo è il bene comune contro un mondo che non ha più la bussola e va avanti per slogan macinando vittime in una guerra sempre meno in-visibile.

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