Regia di Felix Van Groeningen vedi scheda film
“I am a poor, wayfaring stranger
Traveling through a world of woe
And there's no sickness, toil, or danger
In that bright land to which I go...”
Gand, Belgio: Didier (Johan Heldenbergh) è uno spilungone barbuto che si guadagna da vivere suonando il banjo e cantando in un genuino gruppo di musica bluegrass; fortemente legato all'immaginario country proprio della cultura americana, Didier ha coinvolto nella band anche la giovane e bionda compagna Elise (Veerle Baetens), in realtà quanto di più distante possa esserci da quel collettivo, con i suoi innumerevoli tatuaggi e con il suo carattere ribelle e anti-tradizionalista.
Il loro amore dura ormai da anni, ma è messo a dura prova dalla lotta che la figlia di sei anni Maybelle (Nell Cattrysse) combatte contro la leucemia. Il cerchio familiare si stringe intorno alla piccola attraverso sorrisi, giochi e canzoni durante la permanenza in ospedale, ma è tutto inutile: Maybelle non ce la fa.
L'elaborazione del lutto è sempre una questione delicata e personale: l'ateo e razionalista Didier cerca di passare oltre il dolore tornando alla routine ma comincia a vedere contraddizioni e illusioni in ciò in cui ha sempre creduto, America inclusa; Elise, invece, sembra perdere il suo carattere frizzante rifugiandosi nella fede cattolica e nel rimpianto paranoico. Pur proseguendo il sodalizio musicale con la fedele band, i due non possono che constatare che si stanno perdendo...
Quarto ed ambizioso lungometraggio del 37enne belga Felix Van Groeningen, “Alabama Monroe” è un film tratto da un'opera teatrale scritta e interpretata proprio dal Johan Heldenbergh che, consueto collaboratore del regista, vediamo qui nei panni del protagonista maschile e che si rivela molto bravo, al pari di una sorprendente Veerle Baetens e della bimba Nell Cattrysse.
Molto atteso e premiato, sconfitto dal “nostro” Sorrentino per l'attribuzione del Premio Oscar al miglior film straniero, “Alabama Monroe” balza subito agli occhi come un lavoro assai influenzato da un'estetica prettamente americana: è un film ricco, saturo, a volte persino sfilacciato e retorico, soprattutto verso il pre-finale, dove Van Groeningen (anche sceneggiatore insieme a Carl Joos) rischia seriamente di far deragliare quanto di buon(issim)o era stato condotto fin lì.
L'opulenza stilistica del regista, che in verità mostra cose eccelse, fa da contraltare ai molti temi trattati o solo accennati, che il banale sottotitolo italiano mortifica infelicemente: la storia d'amore lascia spesso spazio alla religione, al ruolo educativo, alla malattia, alle apparenze effimere, alle frustrazioni sopite e poi lasciate esplodere. Per non parlare della musica bluegrass, vera e propria co-protagonista che si inserisce, con la malinconica prepotenza dei suoi grandi classici, nei momenti più opportuni. Le canzoni costituiscono un asse portante del film non solo sonoro, ma anche emotivo e di supporto: il mood, i testi, le tematiche (lavoro, Dio, malessere, sofferenza, speranza, nuova vita dopo la morte) del country rimandano con forza a quanto accade sullo schermo. Non parliamo di un musical, ma quest'aspetto, forse poco rimarcato, non va trascurato e va detto che funziona splendidamente.
La struttura narrativa a continui flashback e flashforward costituisce un'idea non troppo originale, ma è efficace per rendere la frammentarietà di una storia che procede a strappi ed evita agli sviluppi una prevedibilità eccessiva, a cui sarebbero stati sicuramente condannati se ci fosse stata una narrazione cronologica da melò classico.
Quello che poteva sembrare il fallimento di un bizzarro sogno americano (per di più in Belgio) diventa l'aspro confronto che si instaura fra due personalità debordanti e inconciliabili una volta messe di fronte al dramma che li priva della felicità conquistata. “Alabama Monroe” toppa parzialmente quando c'è da slegarsi da certe dinamiche percorse e ripercorse, ma conserva un tocco leggero e originale, un fascino visivo e cromatico impressionante, un'aura di promettente sorpresa. Per cui occhio a questo Van Groeningen!
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