Regia di Shin Suwon vedi scheda film
Il "Suneung" (che è pure il titolo del film nella versione sottotitolata presentata al cinema in Francia proprio in questi giorni) è un importante esame universitario al quale hanno accesso solo le più brillanti menti delle principali facoltà sudcoreane, e solo dopo aver sostenuto estenuanti prove valutative a carattere sempre più selettivo, che ne impediscono l'accesso alla maggior parte dei comuni e magari anche volenterosi studenti. La scuola che qui ci occupa ha deciso di istituire una classe privilegiata dedicata all’esame, composta dai 10 migliori alunni in assoluto che possano tendere al raggiungimento dell’obbiettivo: dieci studenti in lizza secondo una classifica che viene modificata ogni settimana in base al rendimento, protesa ad escludere automaticamente chi scivola all'undicesima posizione, ammettendone invece nuovi ingressi e dunque coinvolgendo le menti più brillanti in una gara senza tregua per l’ammissione all’olimpo degli eletti. Questa spietata corsa per arrivare alla soglia dell’agognato concorso, spinge a rivalità e sotterfugi senza precedenti da parte dei migliori alunni dell'istituto, che non rinunciano ad alcuno stratagemma o spregiudicatezza pur di restare tra i primi dieci eletti.
Un giorno in un bosco poco distante dalla scuola, il migliore tra i primi dieci alunni dell'istituto viene trovato cadavere, col cranio fracassato in un lago di sangue. Poco distante la polizia scorge un cellulare che risulta appartenere ad un coetaneo, allievo pure lui della medesima facoltà, ragazzo timido, studioso ma non all’altezza dei primi dieci che tuttavia, capiremo dai ripetuti flashback, entra ed esce dalla classifica in modo molto discontinuo con sforzi sovraumani. Nel telefono un video emblematico registra tutta l'agonia dell'assassinato, e incastra sin troppo inequivocabilmente il giovane indiziato. Scopriamo anche in seguito il carattere duro, cinico e spietato della vittima, di come costui sottomettesse il suo amico ora sospettato principale (e plateale) a umiliazioni anche disonoranti; ma anche quanto gli altri ragazzi della classe privilegiata tengano a conservare a tutti i costi la loro posizione privilegiata, anche sottoponendosi a lezioni forsennate da parte di insegnanti privati con onorari da 700 euro a seduta, pagati dai conti milionari delle rispettive viziate, pettegole e sciocche genitrici.
Il nostro protagonista accusato di omicidio invece, è un ragazzo di un ceto medio basso, con madre single che vende polizze assicurative e riesce a stento a pagare gli studi del figlio. Scopriamo inoltre che il ragazzo ha una particolare predilezione per gli studi astronomici, per i pianeti e in particolare per Plutone (il "Pluto" del titolo), troppo spesso e facilmente svilito grossolanamente al rango di pianeta di serie b o peggio di satellite; e per gli esplosivi, come si vedrà in tutto il tragico epilogo, ma pure che in rete esiste una "compagnia del coniglio", setta che persegue con tutti i mezzi, leciti ed illeciti, il fine di preservare i suoi iscritti fra i dieci eletti al concorso più atteso ed agognato. Thriller sulla perversione degli intenti, sull'impossibilità di sopprimere gli istinti di prevaricazione e di sopraffazione degli avversari (“Ogni risultato ha il suo prezzo” si legge sotto il bel manifesto francese), il film inquietante, ma anche un po' troppo meccanico e costruito, si sviluppa in un crescendo di colpi di scena che tuttavia i troppo frequenti flashback già accennati rischiano di rendere troppo confusionario.
Peraltro l’abile regista Shin Su-won, fino ad oggi a me sconosciuto, dimostra stile ed un utilizzo molto accattivante della mdp, che ci porta con se nelle ellissi e nei voli leggeri e contorti con cui raggiunge i suoi perversi irriducibili protagonisti dentro il cortile circondato da pareti come prigioni del college, e con inquadrature molto affascinanti di pioggia su alberi e piante nella foresta del delitto: riprese a cui peraltro ci hanno ormai ampiamente abituato gli standard altissimi della cinematografia sudcoreana. E mentre la polizia rimane quasi inerte a guardare, sin troppo passiva ed inetta, intanto dai preparatissimi e maniacali approfondimenti dei primi della classe veniamo a sapere che "i pianeti cantano, ma noi non possiamo sentire la loro voce se non lasciandoci trascinare nei vortici di un buco nero che ci inghiotte insieme ad ogni cosa". Affascinante, un po' presuntuoso certo, ma godibile alla vista e genericamente superiore alla media dei thriller/horror giovanili che più facilmente di questo acquisiscono diritti di accesso alle sale.
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