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Mother, I Love You

Regia di Janis Nords vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Mother, I Love You

di giuvax
8 stelle

Lui è solo un ragazzino. Intelligente, vivace, dall'ormone incipiente e timido. Del padre non se ne sa nulla, o per lo meno non è il padre che vediamo accanto alla madre, a tratti. E la sua è solo una normale vita complicata come può essere quella di un figlio di una madre praticamente assente, che fa gli straordinari per mantenerlo (ma forse no) e che quando rientra in casa pensa solo ai fatti suoi e sfoga lo stress sul figlio. Per questo lui fa il diavolo a quattro, per questo è sempre in giro e spesso marina la scuola con tutte le scuse fantasiose possibili.
Il bambino non si chiama Antoine Doinel, ma certo, a parte la nazionalità (che è lettone e non francese), ci manca poco perché sia una fotocopia. Eppure il film è vincente: ha qualche debolezza perché non osa quanto potrebbe, ma nel complesso vince. Gli attori sono eccezionali e quello che interpreta il ragazzino ha un volto così particolare, bello e intenso che si spera non interrompa qui la sua carriera cinematografica.
La storia è ambientata ai giorni nostri ma l'aggiornamento non intacca il fulcro del rapporto tra madre e figlio. C'è sempre una forte incomunicabilità di fondo, con un'incapacità feroce della madre di percepire davvero le paure e la sensibilità del figlio. C'è sempre, di base, una estrema facilità del fraintenderne i gesti. Ma più che riproporre la storia di questo rapporto, rispetto al film di Truffaut, questo sembra un atto d'amore nei confronti dei 400 colpi, sembra un tentativo di raccontare una storia, a volte perfino con gli stessi percorsi di sceneggiatura, con modestia e rispetto. E aggiungendo, questa sì come mossa vincente, il colore: e guadagnando, con una fotografia liquida e densa, un livello superiore nel ritratto del dolore e dell'empatia.
Lo svolgimento in caduta vertiginosa degli eventi, a catena come accadeva nella vita di Doinel, è prevedibile non perché raccontato con banalità, ma proprio perché riecheggia le avventure francesi. L'omaggio voluto di alcune scene (la polizia che viene a cercare il ragazzino perché lo ritiene un sospettato, con sguardo-freccia della madre, gemello dello sguardo-freccia all'interno della classe della madre di Doinel) sul momento lasciano una traccia di rabbia in chi guarda, per aver voluto citare senza osare fino in fondo: perché la sensazione è che si sia voluto sospendere il giudizio, cosa che Truffaut non avrebbe mai potuto fare, dato il carattere autobiografico di Doinel.
Ci vuole un po' per lasciare sedimentare le impressioni a pelle e comprendere che l'assenza di quelle punte estreme (come anche quelle di Dolan) non sono debolezza, ma il contrario. Esattamente come, nella scena finale, madre e figlio sembrano capaci di una tregua, che forse è il gesto più difficile e insieme coraggioso di tutti.

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