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Radio Days

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Radio Days

di Peppe Comune
8 stelle

Anni trenta, a Rockaway, quartiere popolare di Brooklin, la vita di una famiglia ebrea trascorre serena nonostante gli stenti economici. Joe (Seth Green) è il figlio più piccolo, sono suoi i ricordi di un epoca dove la radio era l'unico mezzo di comunicazione e dove la fantasia di ognuno era alimentata dai programmi che trasmetteva. Attorno a Joe c'era la sua famiglia : i genitori (Julie Kavner e Michael Tucker), severi e affettuosi insieme, gli zii alquanto eccentrici Abe (Josh Mostel) e Ceil (Renée Lippin), la cugina Ruthie (Joy Newman), la zia Bea (Dianne Wiest), una zitella alla perenne ricerca di un fidanzato, e i nonni (William Magerman e Leah Carrey). Poi c'erano Sally White (Mia Farrow), una sigaraia che sognava di diventare annuciatrice radiofonica, i vicini di casa "comunisti" che non osservavano il "digiuno ebraico", le canzoni alla radio e, soprattutto, il "Venditore mascherato" (Wallace Shawn), il primo eroe di Joe. I fatti di Pearl Harbor scalfivano appena l'andamento ordinario della vita di tutti i giorni, la radio aveva il potere consolatorio di condurre l'immaginazione dove meglio si desiderava.

 

 

Con "Radio Days" Woody Allen dirige il suo "Amarcord" parlandoci evidentemente della sua infanzia, di una vita semplice ma condotta in maniera felice per come si era capaci di rapportarsi ad essa con serena rassegnazione. Il tutto è filtrato attraerso i programmi radiofonici che all'epoca rappresentavano l'unico strumento di comunicazione di massa. É naturalmente la radio la protagonista principale del film, è attraverso essa che ognuno intendeva santificare i propri momenti d'evasione e coltivare sogni ed aspirazioni legittime. In un tempo non ancora dominato dal culto dell'immagine, la radio sapeva catturare l'ettenzione del suo pubblico affezionato scandendo il ritmo di ogni singola esistenza alla maniera di chi intende donargli un po' di meritata leggerezza, affascinando l'immaginario collettivo senza mostrare volti volitivi o rappresentando complicati intrecci sentimentali, ma soltando trasportando delle voci nell'aria, ognuna con una sua particolare riconoscibilità ed ognuna col proprio bagaglio di fantasie da poter trasmettere. Soprattutto, la radio sapeva porsi come mezzo di contatto tra la vita ordinaria che quotidianamente si compiva e la grande storia che interveniva in maniera poderosa a cambiargli i connotati. A mio avviso, è questo che Woody Allen ha reso ottimamente dal punto di vista cinematografico, ricordare come la radio poteva (e può ancora evidentemente) essere, allo stesso tempo, uno strumento di evasione e di riflessione insieme senza disperdere il suo innato potere lenitivo, rappresentare lo spazio dove ognuno poteva ancorare le sue più belle speranze anche quando il mondo gli stava cambiando sotto gli occhi. Anzi, le cose che accadevano nel mondo, anche quando erano tremendamente tragiche come una guerra, è come se venissero disinnescate della loro gravità per essere fagocitate nella natura intimamente consolatoria della radio, che sembrava trasformare il tutto in un qualcosa che non arrivava mai a disperdere del tutto la speranza in un domani migliore. Del resto, la guerra, per quanto di portata mondiale, rimaneva una cosa lontana per l'americano medio per il quale, i fatti di Pearl Harbor, diventavano giusto un motivo sufficiente per fare dei giapponesi un popolo grottesco di cui potersi giustificatamente burlare. In effetti, se c'è una sensazione che pare emergere evidente sopra le altre è quella di uno spensierato ottimismo che albergava, non solo in chi i propri obbiettivi professionali li aveva già raggiunti, ma anche in una famiglia allargata come quella del piccolo Joe che viveva all'insegna del giorno per giorno, o in donne come Bea che cercava l'uomo ideale e Sally la sigaraia che sognava un impiego come conduttrice radiofonica. Una sensazione che, seguendo di pari passo l'atmosfera propria delle trasmissioni radiofoniche, sapeva riflettere in pieno i connotati "fiabeschi" che sapevano irradiare, fatti di tutta la fantasia che ognuno poteva indirizzare dove meglio si preferiva e di una voglia di tirare avanti che era più forte delle delusioni che si ricevevono dalla spigolosità della vita. 

"Radio Days" è un film che trasmette nitida la sensazione dolce che sanno creare i bei ricordi andati, si sente il sapore acre della nostalgia ma anche l'elegia per un tempo storico rimasto impresso nella memoria di un adolescente diventato adulto. É un film esile è profondo insieme, capace di raccontare la "grande storia" di sottofondo alla maniera tipica di Woody Allen il quale, quando ha saputo far emergere spaccati emblematici della vita americana attraverso la rappresentazione semiseria delle nevrosi metropolitane di determinati tipi d'autore, ha prodotto grandi film dimostrandosi un importante autore di cinema. 

 

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