Regia di Woody Allen vedi scheda film
Rievocazione tenera e nostalgica degli anni precedenti al boom della televisione, quando Woody Allen era ancora adolescente e la radio veniva ascoltata in tutte le case d'America. Il regista qui non appare come attore e, certo non casualmente, è la sua voce fuori campo ad introdurci nelle vicende di una famiglia ebraica americana nel periodo a cavallo tra la fine degli anni Trenta e i primi anni Quaranta, dove uno dei figli (quello coi capelli rossi) viene ad assumere abbastanza scopertamente l'identità dello stesso Allen. E' un'opera frammentata in una serie di aneddoti che risultano quasi sempre gradevoli e divertenti, e che solo di rado si sposta su un registro più drammatico (ad esempio, la trasmissione radiofonica di un incidente in cui morì un bambino piccolo, sorprendentemente simile a quello che accadde in Italia a Vermicino). Fra i tanti personaggi, spiccano almeno la sigaraia di Mia Farrow che dovrà seguire un corso di dizione per diventare un'annunciatrice radiofonica, e la zia zitella di Dianne Wiest, che sceglie sempre i corteggiatori sbagliati, fra cui uno che si rivelerà omosessuale lasciandola alquanto sbalordita. Molto divertente, inoltre, la scena in cui il proprietario di un'azienda di lassativi e la moglie assistono al provino di Mia Farrow per lo spot radiofonico del loron prodotto, rifiutandola (la seriosità di questi personaggi mi ha fatto sbellicare dalle risate). Forse il film non è uno dei vertici di Allen perchè gli manca una vicenda centrale di maggiore consistenza, ma come Amarcord personale del newyorchese funziona benissimo, è fotografato splendidamente da Carlo Di Palma e si giova di un'ottima colonna sonora composta da brani d'epoca. Gli spettatori italiani perderanno qualcosa, non conoscendo le trasmissioni di cui si parla, ma lo spasso è garantito e la breve durata aiuta.
voto 8/10
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