Regia di Roger Corman vedi scheda film
The Black Cat secondo Corman, che sfrutta il plot originale soprattutto per dare libero sfogo all’istrionismo attoriale e di mimica facciale di Peter Lorre e Vincent Price, che trovano la loro sublimazione nella gara enotica a cui si ritrovano a partecipare. Il marchio di fabbrica di Corman è subito riconoscibile (anche negli altri due episodi) ma qui rimane stupefacente l’uso di lenti deformanti per la sequenza delle allucinazioni di Lorre, vittima di delirium tremens. L’effetto è così straniante, ironico e alterato che, visto sul grande schermo, trasmette una reale confusione percettiva. Così come mostrato (e forse ancora di più) in The Lost Weekend le crisi di astinenza dagli alcolici portano allucinazioni varie, visive e uditive, con l’apparizione di ragni, serpenti e simili ma qui Corman le aggancia (con grande intuizione) a quelle psicologiche dettate dalla paura di essere scoperto del protagonista e si mischiano in un risultato comico/drammatico (la testa lanciata come un pallone, il miagolio sarà vero?) perfetto che solo Lorre poteva rendere credibile, con il suo continuo trasformismo emotivo, il suo sguardo che può passare in un attimo da quello di un docile ubriacone a quello di un inquietante assassino.
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