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Tom à la ferme

Regia di Xavier Dolan vedi scheda film

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La recensione su Tom à la ferme

di Spaggy
10 stelle

Prima di imparare ad amare, gli omosessuali imparano a mentire, scrive Michel Marc Bouchard tra le note alla fine della piece teatrale Tom nella fattoria, da cui Xavier Dolan ha tratto il suo quarto film da regista. Al protagonista Tom, omosessuale per l’appunto, in fondo viene chiesto di recitare una parte, fingersi chi non è e non rompere gli equilibri mentali di una madre dispotica, onnipresente e, soprattutto, artefice dei destini dei figli. Sequestrato e rapito da Francis, il fratello maggiore del suo ragazzo appena defunto, Tom da Montreal si ritrova rinchiuso in una fattoria sperduta in mezzo al niente, vittima di un carnefice inaspettato.
Violenza estrema, sangue e stalla segnano un calvario dal quale potrebbe anche liberarsi, se solo non subisse il fascino del suo torturatore. Una sorta di sindrome di Stoccolma blocca ogni sua razionalità, lo devia e lo porta su un sentiero di ulteriori menzogne che prendono il sopravvento, fino a quando chiara riappare la verità in un posto che ironicamente si chiama “Il posto delle cose vere”.

In una campagna in cui i campi di mais diventano distese di coltelli e sangue, Tom non ha più cognizione del proprio io, trasformandosi in un non-io ubbidiente, per paura in un primo momento e per amore e/o reminiscenza subito dopo. Un contatto fisico delicato, un tango della passione e della morte e un bacio mancato annebbiano Tom, lo alienano e tentano di integrarlo in un nucleo familiare chiuso, perverso, pervertito e isolato dal mondo. La gentilezza dell’ospite urta con la ruvidezza dei padroni di casa, con i pugni presi in faccia e con turbe psichiche che niente lasciano alla fantasia.

Claustrofobico e retto fondamentalmente da soli tre personaggi, Tom at the Farm sposa la via del thriller psicologico, disorienta lo spettatore che continua a chiedersi come mai il protagonista non fugga via quando ne ha la possibilità, ribalta continuamente i ruoli di protagonista e antagonisti arrivando a instillare dubbi e sospetti che si dissipano solo nel finale. Limitare una vita o vivere una vita da limitati conduce a una follia che non trova spiegazione se non nella mancanza di amore, a una follia che diventa ancor più devastante quando si sposa con l’illusione della normalità.

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