Regia di Bruce La Bruce vedi scheda film
FESTIVAL DI VENEZIA 2013 - GIORNATE DEGLI AUTORI
Un Bruce La Bruce come non lo avev(o)amo mai visto apre questa mia prima avventura veneziana al Festival. E la mia corsa frenetica alla visione di films inizia subito bene perché il film di uno dei più noti registi porno-gay degli ultimi anni sorprende per delicatezza e sensibilità, senza rinunciare per questo a mostrare pulsioni e desideri irrefrenabili di un giovane che scopre a poco a poco le controverse o almeno singolari caratteristiche della propria sessualità. Lake infatti, dopo una imbarazzante esperienza in piscina nel momento in cui salva la vita ad un anziano colpito da un malore, decide di rendere servizio nell'ospizio gestito dalla eccentrica madre e si offre di eseguire i lavori più umili, che consistono nel provvedere alla pulizia e all'igiene degli anziani non autosufficienti. Il ventenne, fidanzato con una vivace musicista, scopre che le proprie tendenze sessuali trovano sfogo e soddisfazione nell'eseguire quel lavoro per ogni altro individuo reputato repellente e fastidioso. Lake inoltre scopre una vera e propria passione anche solo ad osservare ed eseguire schizzi in carboncino di quei corpi apparentemente raggrinziti dal tempo che tanto lo affascinano. Un giorno familiarizza con il vecchio ottantenne Peabody, inizialmente scontroso, poi in seguito colpito dalle buone maniere e dall'interesse del ragazzino.
Deciso ad evitare che l'ospedale continui a somministrare calmanti stordenti al suo protetto, Lake organizza una fuga che si trasforma in un road-movie verso l'Oceano Pacifico, meta agognata dal vecchio: una destinazione che purtroppo rimarrà abbozzata in un progetto abortito prima della fine, ma che permetterà ad entrambi gli individui di trovare quella pace interiore e quei chiarimenti di identità inizialmente difficili da accettare. La Bruce, dicevo prima, sorprende per l'intensità del suo sguardo, che si perde nell'innocenza sbarazzina e sottilmente perversa del bellissimo protagonista esordiente Pier Gabriel Lajoie.
Intensi primi piani del ragazzo si accostano ad inquadrature centrate sul corpo segnato dal tempo del vecchio: un'antitesi che risulta anche visivamente affascinante e singolare, e comunica allo spettatore una sorta di continuità tra la decadenza di una vita giunta alla fine e la rinascita del vigore di una nuova vita. La sincerità a volte scabrosa del regista non arriva, almeno anatomicamente, a mostrare nulla di quanto comunente gli è consono: viene da pensare che diversamente sarebbe stato troppo facile, e prendiamo questa scelta come un atto di coraggio e una maturazione da parte del particolare cineasta; come un nuovo linguaggio insomma, per un regista che forse ha trovato anche una nuova via di espressione per rivelarci quanto è bravo e sensibile.
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