Regia di Mervyn Le Roy vedi scheda film
Più che un film, uno dei "momenti" della storia del cinema, uno di quelli che, chi ha l'età per farlo, si ricorda. Ricorda di quando "si doveva" andare a vederlo, ricorda Ursus e i cristiani mandati tra le fauci dei leoni.
Al di là del racconto, assai retorico e girato secondo modi vecchio stile, con un fastidioso retrogusto di storia fatta con i luoghi comuni: con Nerone annoiato e vanaglorioso, stupido, più che malvagio, ma mal consigliato; con Tigellino vile e dedito alle trame di palazzo; con Petronio epicureo e giudizioso; con Seneca rassegnato stoicamente a sopportare le ubbìe del suo padrone; con i cristiani votati al martirio, accettato con gli occhi fissi al cielo e così via, quello che conta è che Quo vadis (la domanda posta dall'apostolo Pietro a Dio stesso, "Quo vadis, Domine?") è un film a suo modo capostipite. Presenta, infatti, una serie di "prototipi" cinematografici, che saranno ampiamente utilizzati in seguito, dalla scena di massa del trionfo, al banchetto con tanto di musici e danzatrici, dall'inseguimento a bordo delle bighe all'incendio di Roma, alla scena nell'anfiteatro, dove i cristiani sono dati in pasto alle belve (altrove si avranno i combattimenti gladiatori). Per questo, il film di Mervyn LeRoy conta più per i suoi aspetti esteriori che per il suo contenuto.
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