Regia di Claire Denis vedi scheda film
Più che "bastardi", titolo che si presta facilmente a fraintendimenti del tipo "simpatiche canaglie", "Les salauds", che è stato ispirato alla regista dalla traduzione in francese di un vecchio titolo di Alira Kurosawa "Les salauds dorment en paix", potrebbe più appropriatamente intendersi come "carogne o farabutti". Questo per chiarire subito, nella complessità di una trama davvero a tratti poco decifrabile e fumosa, con chi ci troviamo a che fare per un'ora e mezza di pellicola, tra noir ed intrigo in una commistione in cui ognuno cerca di portarsi a casa il proprio tornaconto: tutti tranne il nostro ruvido e coriaceo protagonista, capitano di un mercantile che commette l'errore fatale di fermarsi alle apparenze, all'emozione di ciò che sente e vede, non riuscendo a penetrare nell'incredibile perversa ragnatela che altri hanno costruito attorno ai fatti e ai misfatti in cui si trova invischiato.
Un suicidio di un imprenditore in crisi finanziaria spinge il cognato, uomo di mare, a far ritorno a Parigi dalla sorella vedova, che gli racconta una sua personale valutazione dei fatti con nomi e cognomi di (presunti) responsabili o colpevoli. Per questo motivo il nostro uomo si mette sulle tracce del presunto responsabile, un anziano e losco uomo d'affari, innamorandosi oltre tutto della giovane compagna. Il nostro capitano di mercantile non sa neppure che sua nipote sta vivendo un periodo di frequentazioni molto particolare né che la sorella gli nasconde diversi tasselli della vicenda alla quale si sta interessando.
Claire Denis non è mai stata una regista che si sia mai preoccupata di piacere a tutti i costi; di raccogliere facili consensi tra un pubblico di massa e avvezzo a farsi imbambolare con ammiccamenti e facili espedienti narrativi. Le sue sfide, che sono poi il percorso non facile di una carriera che, pur negli alti e bassi e nella generale controversia di uno stile certamente personale, evidenzia determinatezza e voglia di non scendere a comodi compromessi, costituiscono il risvolto più interessante di un'artista che non si ferma di fronte a tabù e falsi pudori. E dopo perversioni e derive di follia come il cannibalismo (con la coppia folle Dalle/Gallo in Trouble every day), la regista non si nasconde dietro inutili puerili veli per parlarci di incesto e di losche trame dove ognuno, tranne il coriaceo ed ingenuo protagonista, l'unico che si muove senza un vero tornaconto, cerca di sopraffare il suo diretto antagonista come in una giungla senza possibilità di redenzione.
Vincent Lindon è, come quasi sempre accade, perfetto nella scorza dura ma buona dell'eroe che si fa fregare dalle apparenze e dai sentimenti. Tutti gli altri sono macchine di freddezza e calcolo premeditato: mostri di disumanità che avranno comunque la meglio su chi si soffermerà facendosi prendere dai sentimenti.
Claire Denis ci confonde e non ci fa capire tanto facilmente, ma ha il tatto e il buon gusto, oltre che l'originalità, di mostrarci più le conseguenze dell'azione che l'attimo fuggente in cui tutto succede: non l'atto del suicidio, non lo schianto dell'incidente mortale, che si materializzano nell'intervallo quasi impercettibile di un istante, bensì le eterne conseguenze che derivano da quegli istinti o avvenimenti repentini e senza rimedio. Chiara Mastroianni, nella consueta fissità delle sue movenze, è una donna succube che si difende, e di fatto piuttosto credibile ed in parte, mente Lola Creton continua a costituire la più preziosa commistione tra innocenza e perversione che la rende un'icona pregiata e sempre più contesa dai più originali e ispirati autori transalpini.
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