Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Virulenta satira del potere della televisione, "Network" è stato un film dal valore profetico, sicuramente in anticipo sui tempi. Determinante è stato l'apporto dello sceneggiatore Paddy Chayefsky, già autore di "Marty vita di un timido", che secondo il Mereghetti "vi ha riversato il suo stile teatrale enfatico e pesantemente didattico"; l'enfasi si ritrova in molte scene del film, ma in generale funziona perché indissociabile dai toni di denuncia che sono alla base di questa requisitoria. Funziona benissimo, ad esempio, nelle scene dei sermoni di Howard Beale, in cui l'apporto eccezionale dell'interpretazione di un grande Peter Finch basta a renderle memorabili, insieme alla causticita' delle battute. Funziona meno bene nei dialoghi tra la Dunaway che vuole lasciare William Holden poco prima del finale e deve sentirsi la morale sbattuta in faccia, una delle cadute più evidenti del copione di Chayefsky che abbassa un po' la media del film. Ottima in ogni caso la regia di Sidney Lumet, stringata ed efficiente, che ha il coraggio di affidarsi quasi completamente agli attori ma ha anche delle belle trovate cinematografiche come il monologo di Ned Beatty davanti ad un atterrito Finch in una stanza completamente vuota di un gelido palazzo dirigenziale. Meritati gli Oscar a Finch (che però avrebbe dovuto concorrere nella categoria di "miglior attore non protagonista" dato il limitato numero di scene in cui appare) e ad un'incisiva Faye Dunaway, ma molto bravi anche un invecchiato Holden e Robert Duvall. Quanto a Beatrice Straight, è molto sensibile nell'unica scena in cui appare come moglie tradita di Holden, ma la statuetta come attrice non protagonista sarebbe stato più giusto darla a Jodie Foster in "Taxi driver". Nel complesso, il film è invecchiato bene, non è un capolavoro ma ha meriti stilistici e contenutistici ancora rilevanti.
Voto 8/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta