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Joshua Tree, 1951: A Portrait of James Dean

Regia di Matthew Mishory vedi scheda film

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La recensione su Joshua Tree, 1951: A Portrait of James Dean

di alan smithee
8 stelle

TORINO GLBT 2013 - CONCORSO
La nascita del divo più effimero ma famoso al mondo assieme a Marilyn. Quel James Dean che in tre soli famosissimi film più una morte violenta e a tradimento, riuscì a catapultare su di sé quell'interesse mediatico che lo rese eterno con l'atto stesso di scomparire. Il film indipendente di Matthew Mishory ripercorre, con una accattivante precisa ricostruzione d'epoca che punta su dettagli anche apparentemente insignificanti ma preziosi,  gli inizi di una carriera che come la maggior parte di tutte le altre ha bisogno dei suoi tempi e delle giuste conoscenze per spiccare il volo, certo favorita in questo caso dalla presenza  l'irresistibile di uno sguardo languido da angelo scontroso e timido che sovrasta un fisico armonioso reso perfetto dal vigore degli anni più floridi. Un viaggio nell'arida seducente desolazione di un deserto popolato solo da quella caratteristica vegetazione di Joshua trees che danno il nome al deserto che gli fa da habitat e che sopravvivono irriducibili ad una aridità che contagia il cuore di chi valica quei territori sconfinati lasciandocisi catturare.
 Un percorso che è praticamente un'iniziazione verso un mondo ostile che tuttavia attrae chi cerca in esso la via della fama e della celebrità; un mondo che concede la notorietà ai pochi che, come Dean, sapranno sedurre con le indubbie doti rese disponibili da una natura senza dubbio generosa, e che tuttavia un destino beffardo ed ingiusto deciderà di riprendersi prima del tempo, moltiplicando all'infinito una fama che rimarrà in tal modo sempre all'apice, senza mai conoscere punti morti o cadute rovinose.
Un film dai toni e dai colori crepuscolari resi seducenti da un bianco e nero pastoso che esalta la bellezza scarnificata di un deserto che forse metaforicamente rispecchia i sentimenti e lo stato d'animo dei tre protagonisti, coinvolti assieme in un viaggio senza una meta precisa; un percorso che rende possibile una riflessione e una messa in discussione delle proprie intenzioni e delle singole più intime prospettive e che serve ad addentrarsi più intensamente all'interno di una personalità che rivela incertezze e tentennamenti nascosti da una ombrosa mascolinità che tuttavia rivela e qui esplicita la sua natura posticcia: come uno scudo di difesa contro un mondo che si ha paura ad affrontare a petto nudo ed a viso scoperto.
James Preston, modello dai lineamenti perfetti e scultorei si presta in modo pertinente a rendere eterna la bellezza divistica nascente di un futuro divo che, come tale, è logico e condivisibile che venga rappresentato ancora più perfetto e "superiore" di quanto lo fosse in realtà il celebre sfortunato attore, eterna icona di un divismo che scivola via brutalmente prima ancora di riuscire ad essere vissuto coscientemente, ma che nel caso di Dean si porta con sé pure una vita ancora piena di possibilità, impedendo da una parte di costruire e rendere possibile chissà quale percorso, ma altresì evitando ogni inesorabile e pure prevedibile caduta nell'oblio di quel nulla da cui si è partiti sin dall'inizio.

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