Regia di José María Cabral vedi scheda film
La Repubblica Dominicana partecipa alla distruzione dei miti occidentali. A cominciare da quelli più popolari, che, anche in un paese caratterizzato da grandi dislivelli sociali, sono davvero a portata di tutti. Come la televisione, con i suoi quiz a premi che accendono i sogni, facendo credere che chiunque, da un momento all’altro, possa diventare milionario. Quella scatola magica, onnipresente, nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni, moltiplica all’infinito, uniformandoli, i modelli di riferimento imposti dallo showbiz, che sono, per lo più, persone su cui viene naturale fantasticare. L’idolo del momento si chiama David Hernández ed è il giovane conduttore della trasmissione Jaque Mate. Piacente, ricco, con una bella famiglia ed una lussuosa villa, è l’incarnazione del successo che bacia solo i migliori, i più fortunati, forse i più furbi, ma è comunque un miraggio a cui tutti guardano con la giusta dose di invidia ed ammirazione. Succede per le strade di Santo Domingo, nelle botteghe, nelle case, davanti alle vetrine. Gli occhi del pubblico sono puntati su quella magia, tanto banale ed ingenua quanto straordinaria e luminosa. L’incantesimo si infrange quando, un giorno, durante una delle consuete dirette telefoniche con gli spettatori, un pazzo criminale si impadronisce della scena: ha sequestrato la moglie, il figlio e la governante di David e a lui dirige minacce e ricatti di vario genere, tutti accuratamente supportati da documentazioni video clandestine. Lo spettacolo prende una piega inaspettata, crudele per le vittime, difficile per le forze dell’ordine, però sensazionale per la gente comune, che una suspense improvvisamente schizzata alla stelle tiene incollata al teleschermo. La storia sa di già visto, avendo il sentore di una rivolta antimediatica che in altre parti del mondo è avvenuta molti anni prima, ed è stata ormai abbondantemente superata, per contrappasso, da un deliberato abbandono al trash più sfrenato. La polemica, in questo film, è condotta in maniera didascalica e decisamente semplicistica, fondata su uno scandalismo spicciolo da vecchia società borghese, in cui il perbenismo di facciata si abbatte a picconate, a suon di rivelazioni piccanti, nel senso antiquato del termine. Questo piglio rétro, attualizzato dal contesto ipertecnologico della pirateria informatica, appare lievemente striato da toni melodrammatici sospesi tra le piazzate kitsch del Grande Fratello e il pathos demagogico delle telenovelas: una miscela intenzionalmente complessa e stridente, che, tuttavia, per assenza di novità, finisce per ridursi ad un piatto rimescolamento di suggestioni stantie. Il regista e gli interpreti si fanno apprezzare, ma la sceneggiatura, benché ispirata a fatti realmente accaduti, naviga a vista in un mare di format televisivi i quali, rabbiosamente ridotti a coriandoli, danno vita ad uno spezzatino ormai tiepido: un piatto che, pur se servito come appena cotto, non è nemmeno più in grado di produrre fumo.
Quest’opera ha concorso, come rappresentante della Repubblica Dominicana, al premio Oscar 2013 per il miglior film straniero.
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