Regia di Toby Haynes vedi scheda film
Il libero adattamento del racconto “L’ultima avventura” (“The Final Problem”, il problema finale più volte evocato nei dialoghi) del 1893, ci riconsegna finalmente, in finale di seconda stagione, ciò che aveva fatto amare questa riedizione a puntate delle avventure di Sherlock Holmes, facendo ammenda per i due non proprio convincenti episodi precedenti: grande ritmo, trovate intriganti ed elegante citazionismo la fanno infatti da padrone in questo encomiabile esempio di felice rielaborazione costruttiva.
Forse per il cambio di sceneggiatore o regista, o forse perché si è scelto di ispirarsi solo in minima parte alla fonte letteraria, il film registra quindi un decis(iv)o passo avanti, che ci riporta ai fasti de “Il grande gioco” del 2010: la prima ora è quasi da antologia (sublime la lunga introduzione sulle note de “La gazza ladra” di Rossini) e stordisce lo spettatore con situazioni caratterizzate sia da azione rocambolesca che da un registro brillante, in perfetto lustro ed equilibrio fra di loro. Cumberbatch si riprende il ruolo Yang che gli compete, con Freeman a rappresentarne l’immancabile Yin, e appare più misurato e calibrato nella gestione del personaggio; forse a causa della contrapposizione con la sua nemesi, Moriarty, mai così presente in una puntata della serie.
L’epocale scontro tra i due si caratterizza con trovate originali (e se uno fosse l’invenzione dell’altro ?), duelli verbali e intellettuali e colpi di scena a ripetizione. Andrew Scott interpreta alla perfezione un personaggio disturbato, apparentemente monocorde, ma capace di contrapporsi scenicamente a Cumberbatch in maniera egregia, spesso rubandogli la scena. Un cattivo che ci mancherà.
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