Regia di David Gelb vedi scheda film
Appartenendo ad una famiglia che ama il sushi (con l'eccezione del sottoscritto) mi sono ritrovato volente o nolente a guardare questo documentario; ho scoperto un mondo che conoscevo solo in maniera latente. Appartiene al contemporaneo la discussione sul fatto che il cibo sia o non sia arte a tutti gli effetti, a sentire i giapponesi il sushi lo è per certo. La minuzia con cui i membri del ristorante preso in analisi preparano ogni signola parte di quello che poi sarà il sushi è sbalorditiva, si tratta di gesti e rituali che ripetono fino alla nausea, con tecnicismi (il taglio del pesce, la preparazione del riso) che solo degli artisti possono padroneggiare. Il prodotto finito e pronto ad essere mangiato nasce in realtà da una scrupolosa ricerca nei mercati all'ingrosso di pesce locali (posti al limite dell'immaginabile, di gran lunga la parte più bella del documentario). Oltre ad una descrizione in senso prettamente gastronomico, quest'opera offre uno spaccato sull'indole degli uomini giapponesi (specie se nati nella prima metà del secolo) e lo fa attraverso il protagonista e leader del ristorante, Jiro, personaggio dal quale sono rimasto incredibilmente affascinato. Di anni 85, Jiro lavora da quando ne ha 10 e in tutta la sua vita non ha mai preso ferie di alcun tipo, gli unici giorni in cui non è andato a lavoro sono feste nazionali o funerali. Seppur con due figli (il più piccolo si è messo in proprio mentre il più grande, a proposito di tradizioni giapponesi, affianca il padre ed è destinato a prenderne il posto) ha messo sempre il lavoro davanti a qualsiasi cosa e più che un padre è stato un severo maestro, agendo tuttavia solamente per lasciare qualcosa (l'arte e l'essere artista) ai figli che lui, praticamente abbandonato dai genitori, non aveva ricevuto. Estremamente interessante anche il modo in cui Jiro serve il sushi: i dieci (max di coperti) clienti del ristorante si dispongono lungo una sorta di bancone, dietro il quale Jiro prepara i vari assemblamenti di pesce e riso disponendone rigorosamente uno alla volta nel piatto del consumatore. Ovviamente un tale livello di cura in ogni singolo paricolare si paga (dai 300 euro in su) ed è incredibile pensare che un pasto così costoso si consumi in un quarto d'ora circa.
Visione che mi sento di consigliare anche a chi, come me, non è un'amante del cibo in questione.
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