Regia di Stuart Beattie vedi scheda film
C’è un confine sottile fra umano e sovrannaturale, invisibile agli occhi dei mortali, che vivono ignari della lotta epica in atto sopra le loro teste. Quel confine, probabilmente, è fatto di vetrate: Aaron Eckhart ne infrange una dozzina, non conoscendo il suo personaggio una modalità di entrata in scena che non comporti un tripudio di schegge possibilmente in ralenti. Nei panni della Creatura cucita ed elettrificata da Victor Frankenstein (alle vicende del romanzo di Mary Shelley è dedicato il rapido prologo), si ritrova coinvolto, a causa della sua preziosa seppur non invidiabile immortalità, nella battaglia millenaria fra due schieramenti: gli angelici gargoyle, che da doccioni di pietra si mutano in alati protettori della Luce, e i demoni capitanati dal diabolico Naberius. Ribattezzato Adam e ben palestrato sotto le cicatrici, il mostro tenta per un paio di secoli di mantenere un basso profilo, ma arriva infine ad accettare il suo ruolo nello scontro fra Bene e Male, attraversando una sequela monotona e apparentemente infinita di esplosioni magniloquenti e combattimenti incongruamente a base di arti marziali (la sua arma sono i bastoni da kali filippino). Ideato dal medesimo creatore della saga di Underworld, il film ne condivide l’immaginario pseudo gotico e anabolizzato, poverissimo di idee e suggestioni: gonfiato a suon di effetti speciali, si spaccia per rilettura moderna di una leggenda antica, ma è poco più di un videogioco abitato da un cast in affannosa ricerca di dignità artistica.
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