Regia di Jean-Luc Godard vedi scheda film
Uno dei migliori film di Godard e, per quanto mi riguarda, il migliore tra quelli che ho visto, più riuscito anche di quelli che più avevo apprezzato, come "Weekend" e "Je vous salue, Marie". Lo stile innovativo - lunghi piani sequenza, primi piani con sguardo in macchina, inquadrature di nuca ecc. - che per certi versi rimanda ai "400 colpi" di Truffaut si coniuga ad una narrazione piana, che procede sulla falsariga di un'inchiesta "d'attualità". Le vicende di Nanà sono seguite con spirito quasi entomologico, che ci porta a guardare con occhio distaccato e piuttosto freddo degli sviluppi degradanti, che un altro regista di stampo più classico avrebbe potuto caricare di pathos e drammaticità degni di un romanzo ottocentesco. Qui Godard propone, peraltro, la faccia giusta di Anna Karina, una Nanà che avrebbe potuto figurare tranquillamente in un film di altri rigorosi registi quali Bresson o Dreyer (quest'ultimo non per caso citato esplicitamente nel film, con la sua "Giovanna D'Arco"). Il finale stilizzato fa da pendant, e da contrappasso, a quello, quasi da teatro dei pupi, di "All'ultimo respiro". Il titolo originale, "Vivre sa vie", fa cogliere meglio il senso del film, poiché il personaggio di Nanà vive puramente e semplicemente la vita che le capita di trovarsi ad affrontare, cercando di prendersi, nel modo che le riesce, ciò di cui ha bisogno e che gli altri non possono o vogliono darle. Per quanto mi riguarda, definirei questo film come il saggio di un maestro che troppe (altre) volte si è limitato ad imbrattare rabbiosamente la propria tela.
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