Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film
Si è capito, credo, che la lotta di classe è un argomento che stuzzica il mio interesse, ma è anche vero che è uno di quegli argomenti iper abusati. Quando il nocciolo (con l'accento nella 'o' che preferite, anche l'ultima) della trama è sempre lo stesso, sono la messa in scena e il modo in cui caratterizzi i personaggi a fare la differenza, perché si sa che la storia è sempre la solita: un gruppo di poveracci, stanchi della precarietà della loro condizione, tenta la rivoluzione nel tentativo di sovvertire l'ordine costituito. Solo che siamo dentro un treno, perché per impedire il riscaldamento globale si son fatti i casini e ora il mondo è in glaciazione. Solo che chi ha ideato questo treno probabilmente lavorava per Trenitalia e ha pensato bene di dividere in classi in base a quanto ognuno è stato disposto a pagare alla partenza del treno. Solo che il regista (per gli amici Bong) muove quella macchina da presa come se fosse l'ultima pellicola della sua vita e tutto il film è un festival della cura dei dettagli: la scelta degli attori, le scenografie, il suono, la tavolozza dei colori, persino la polvere non è messa a caso, ogni minuscolo elemento ha motivo di esistere come parte di un tutto che raramente è così armonico. I personaggi sono talmente ambigui e complessi che meriterebbero una recensione a testa e il finale un saggio prolisso a parte. Anzi, probabilmente per parlare bene di Snowpiercer (non come ho fatto io) si dovrebbe partire proprio dal finale, glaciale quanto la futuristica Terra: ci ricorda che la rivoluzione in genere è poco lungimirante e si preoccupa poco di ciò che verrà dopo, o forse si preoccupa troppo ed evita di pensarci. Per chi è dedito al cambiamento vero, non può esserci finale diverso da questo, altrimenti non è davvero contro il potente, ma ne vuole prendere il posto. Oppure è cieco, come il protagonista.
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