Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film
Tutto pare improbabile, con una produzione coreana, americana e francese, con attori inglesi, americani e coreani, e una storia basata su un fumetto francese e i set del film costruiti negli studi di Praga. Invece, ecco la sorpresa: questo film è senza dubbio fra le pellicole di fantascienza più belle degli ultimi anni, debitore della fantascienza politica di John Carpenter e della visionarietà di Terry Gilliam (non a caso, secondo me, il personaggio di John Hurt, sempre un piacere, si chiama Gilliam). La mossa vincente sta nel manico, ovvero affidare la regia al coreano Bong, autore di splendidi lavori e che arriva da una cinematografia, quella del paese asiatico, spesso vincente, solida e implacabile. L'idea del treno in moto perenne e concentrico attorno a una Terra imprigionata in una catastrofe ambientale, che raccoglie come un'arca ciò che rimane dell'umanità, suddivisa in classi per quanti sono i vagoni e la conseguente rivoluzione orizzontale verso la Locomotiva, comando, potere, Dio, è sviluppata benissimo, e ogni vagone, ogni scompartimento, ha una sua diversa rappresentazione, dai toni grigi e sporchi dell'ultimo vagone, alla fantasmagorìa dei vagoni degli abbienti. Il senso di clausura dei vagoni è reso benissimo, ma la cinepresa fa i numeri, si muove, scruta, partecipa, e Bong non spreca una sola inquadratura. L'eroe è, in fondo, un anti-eroe, si muore violentemente quando si deve, fra arti amputati e cannibalismo. Fantascienza bellissima, per un film distribuito malissimo in Italia, che non ha visto nessuno, a favore di una serie di schifezze, che solo perché americane, hanno distribuzioni migliori. Da recuperare, alla svelta. Magnifico!
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