Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film
La vita è un treno,
un lungo treno che sfreccia a velocità supersonica e mai s’arresta.
Per quanti ostacoli ed avversità possa incontrare, continua indisturbato la sua folle corsa in barba al rischio di deragliare da quell’unico binario -il mondo- che percorre per centinaia di migliaia di km, girando perennemente in tondo, in un eterno supremo magnifico affascinante, sterile quanto sconcertante, loop.
Se si ferma vuol dire che è perduto. Per sempre. Forse….
I passeggeri che popolano il treno sono l’umanità. Divisa in sezioni o scomparti a seconda del ceto cui appartengono: in testa, come nella classica struttura piramidale, la prima classe, dopo la seconda, poi la terza. Quella dei poveracci, tutti uguali, a dispetto del colore della pelle e tratti somatici. Non posseggono nulla se non se stessi, e una generosa quantità di prole, la loro unica e sola ricchezza.
Il treno-umanità-mondo è un microcosmo, la miniatura perfetta del Sistema-Società che da sempre governa le esistenze di noi esseri umani. Regolato da leggi subdole, infernali, volte ad imprigionare-attanagliare-schiacciare il singolo individuo, risucchiandolo nei suoi perversi complessi e complicati ingranaggi, di cui si conoscono solo i dettagli, quei piccoli grandi particolari che ne permettono il movimento -meccanico fluido costante-. Giammai la struttura nella sua totalità. Questa, pressoché sconosciuta, si bada bene a tenerla nascosta, lasciarla nell’ombra, così da preservarle quel velo di mistero incodificabile, suo grande vantaggio per rimanere in circolo e muovere, senza troppe interferenze e spiacevoli fastidi, le fila di un unico eterno disegno, sempre uguale, sempre lo stesso: mantenere inalterato, con la giusta discrezione, uno status quo permanente, rispondente al benessere di pochi e al sacrificio di molti. Il modo migliore per certificare questo equilibrio indispensabile consiste, paradossalmente, nell’offrire di tanto in tanto, con una certa regolarità, l’illusione di un possibile/fattibile ribaltamento della situazione, un capovolgimento delle parti. Fornendo anche gli strumenti adatti e le condizioni ideali per attuare un cambiamento finalmente radicale che sia credibile.
Una grande truffa insomma, di mefistofelica arguzia.
Spazio al nuovo, a rischio della vita, per riconfermare il vecchio.
Creare il caos per ristabilire l’ordine.
L’anarchia per applicare la soppressione.
E tornare ad imporre il controllo.
È una questione puramente fisiologica, da cui è impossibile sottrarsi.
È il ciclo dell’esistenza. La legge del panta rei.
Creare una frattura significherebbe interromperne il flusso.
Perché non provarci allora, perché non andare fino in fondo? Tanto, così tutto è perduto….
Credere di poter rovesciare le sorti del mondo continuando a rimanere inseriti nel Sistema-Società non porta a nulla se non a ripetere come automi le stesse arcinote dinamiche di chi ha ‘governato’ in precedenza. Rimettere in atto i medesimi spietati meccanismi di sopravvivenza non è la strada giusta da percorrere.
Il Sistema-Società va abbattuto, fatto esplodere, letteralmente. Annientarlo. Raderlo al suolo.
Basta poco, è una questione di testa, principalmente. A separare noi e la libertà, quel possibile nuovo migliore domani, è -metaforicamente- una porta. Quella del treno, accuratamente sigillata. Che deve essere aperta per poi venir richiusa, per sempre.
Così da sottrarci a questo perenne inutile annichilente loop, liberarci dalle catene di una schiavitù che mai ci ha veramente abbandonato. Ritornare ad aprirci alla speranza.
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