Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film
Prima, e speriamo non ultima, trasferta americana per Bong, problematica per i rapporti col produttore Harvey Weinstein, ma per (almeno) nostra fortuna ciò non è dovuto alla qualità della pellicola quanto più probabilmente per i toni, per chi scrive congeniali ed ineccepibili (anche inevitabili aggiungerei), cupi e poco rassicuranti anche quando la speranza sembra far capolino tra il gelo del pianeta nell’anno di grazia 2031 e il regolamento sociale che governo il lungo convoglio in moto perpetuo.
Anno 2031, da diciassette anni gli unici sopravvissuti alla glaciazione vivono su un treno con classi sociali marcatissime, tra i poveri che vivono ammassati negli ultimi convogli ed i ricchi che godono invece di tutti i privilegi ed i servizi del caso.
Dalle retrovie un giorno Curtis (Chris Evans) decide che è ora di riportare giustizia marciando con l’obiettivo di raggiungere il locomotore, luogo del potere da dove Wilford (Ed Harris) controlla tutto e tutti.
Raramente capita, oggi così come ieri, di imbattersi in un film di fantascienza così corposo, ricco di messaggi sociali che si possono tranquillamente rileggere nella nostra società moderna (ad esempio la collusione tra chi ha il potere e chi invece dovrebbe rappresentare i più deboli), orchestrato in questo caso senza temere la ristrettezza degli spazi implicitamente racchiusi nei vari vagoni.
L’introduzione non guarda al passato, ma parte direttamente dal disagio di chi sopravvive nella miseria per passare direttamente alla rivolta in un percorso “a vagoni” con porte da aprire che di volta in volta danno spazio a scenari a sorpresa che stridono sapientemente tra loro.
Tra questi risulta surreale ed agghiacciante l’aula della scuola all’interno della quale i giovani vengono instradati nel culto di Wilford, violento senza sconti quello che diviene scenario di un sanguinono scontro, per poi arrivare laddove tutto è nato, e destinato a perire, ovvero il locomotore che viene subito dopo il vagone del divertimento più sfrenato.
E lo spettacolo si abbina assai bene alle parole e quindi ai dialoghi, in un melting pot culturale che ben mescola le varie componenti (vedasi il rapporto tra i personaggi di Chris Evans e Kang-ho Song) e che nel lungo prefinale trova risvolti più che significativi ed ampi nel confronto tra il primo e (il non più) l’ultimo della classe.
Il coraggio della visione d’insieme risulta peraltro lampante da come molti personaggi principali (tanti i bravi attori chiamati in causa) lasciano il campo prima del tempo e nel finale che per alcuni dettagli forse lascia qualche dubbio, ma che allo stesso tempo è in grado di offrire sensazioni diverse (assolutamente da riassaporare ed approfondire con una seconda visione), tra una nuova speranza, ma forse anche un’incertezza ed un pericolo (la natura vorrà nuovamente riaccettare l’uomo che l’ha distrutta?).
Un’opera dunque potente, capace di unire sacro e profano, segnata da una perizia tecnica che regala ampiezza agli spazi stretti (diverse le riprese che rapiscono per qualità), una storia distopica efficace e intelleggibile ed un cast ben assemblato con parecchie sorprese (se la Swinton primeggia da par suo, Evans è assolutamente una scoperta soprattutto lungo il crudele prefinale).
Succulento e mai conciliante.
Va diritto per la sua strada, ovvero mette in campo molta qualità e regala sorprese a getto continuo come capita assai di rado in prodotti di questo tipo.
Promosso senza riserve concrete.
Il suo ruolo offre molto, a partire dalla sua distinzione dal resto del gruppo e la sua interpretazione sopra le righe, ma non a caso, è assolutamente congeniale e pungente.
Decisamente bravo.
Nel ruolo del veterano che tante ne ha viste (e non limpido come parrebbe) sa farsi rispettare.
Discreto.
Una rivelazione che premia sia lui che il regista.
Vigoroso nelle tante scene concitate, presente e abile a risultare sconvolto nel momento della resa dei conti.
Bravo.
Interpretazione grottesca di fattura pregevole.
Un vero spasso cinefilo, Tilda colpisce ancora.
Notevole caricatura.
Molto volonteroso, ci mette il carattere e l'irrequietezza necessarie.
Discreto.
Altra brava attrice che sa riempire il suo spazio con carattere da vendere.
Discreta.
In coppia con Kang-Ho Song regala parecchi momenti prelibati.
Fulminante.
Il ghigno ci ricorda in un atttimo il suo personaggio in "Trainspotting".
Felice scelta del casting per un ruolo secondario, ma con momenti da protagonista.
Nei panni della maestrina affatto rassicurante del vagone scuola, sembra quasi una delle cattive di "Kill Bill".
Insomma si tratta di un'altra gradita sorpresa.
E' Wilford che compare solo nel prefinale nel tagliente confronto con Curtis.
Il suo sguardo è perfetto per l'occasione.
Sicuro ed affidabile.
In pratica una sorta di "Terminator" che deve essere ucciso più volte per essere eliminato dai giochi.
Tosto.
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